Scopelliti: dopo 34 anni, nuove indagini sull'omicidio del giudice puntano a Messina, quartier generale del clan Romeo-Santapaola
A 34 anni dall’omicidio del giudice Antonino Scopelliti – ucciso il 9 agosto 1991 mentre tornava a casa per studiare i fascicoli del maxiprocesso di Palermo – una nuova pista rompe di netto il silenzio che ha avvolto per decenni uno dei delitti più emblenatici della guerra allo Stato; gli investigatori della Sisco – reparto d’élite della Polizia – hanno perquisito case e capannoni a Messina legati al gruppo Romeo-Santapaola (storica filiazione del clan catanese di Nitto Santapaola) con l’obiettivo di trovare prove che testimonino che il commando partì proprio dalla città dello Stretto, dove Cosa Nostra e ’ndrangheta tessevano alleanze.
Scopelliti – sostituto procuratore generale in Cassazione – era un punto di riferimento nel sistema giudiziario: la sua morte, avvenuta in un agguato sulla strada tra Villa San Giovanni e Campo Calabro, interruppe non solo una carriera brillante ma il tentativo di fermare in appello le condanne del maxiprocesso, quel giorno, alle 17.21, una BMW divenne la bara di un uomo che osava sfidare l’omertà e oggi – secondo fonti investigative – l’attacco potrebbe essere stato organizzato sfruttando la rete del clan Romeo-Santapaola, legato a doppio filo ai Santapaola di Catania, un intreccio che univa affari, faide e potere, con Messina come collegamento strategico tra Sicilia e Calabria.
Il processo del 1997 si concluse con assoluzioni choc, nonostante le condanne iniziali – ma ora – la Procura di Reggio Calabria guidata da Giuseppe Lombardo riapre il dossier, spinta da dichiarazioni inedite di un collaboratore di giustizia e se la pista si rivelasse fondata potrebbe costituire un duro colpo al sistema di omertà che ha coperto per anni le dinamiche dell’omicidio. Concetta Santapaola, sorella di Nitto e moglie del messinese Francesco Romeo – capostipite del gruppo – è morta nel 2020 ma gli inquirenti ritengono che i suoi eredi possano ancora custodire elementi decisivi, celati all’interno degli immobili passati al setaccio dalla Sisco.
Scopelliti e Messina: il quartier generale del clan Romeo-Santapaola
Messina è il luogo dove – tra anni ’70 e ’80 – Concetta Santapaola costruì un impero criminale sposando Francesco “don Ciccio” Romeo, affiliato di rilievo: il gruppo Romeo-Santapaola, condannato nel 2021 durante l’operazione Beta controllava il territorio con pugno di ferro, gestendo estorsioni, appalti e traffici e proprio qui – secondo gli investigatori – potrebbe essere stato allestito il quartier generale per l’omicidio Scopelliti, un delitto che unì Cosa Nostra e ’ndrangheta in un fronte comune contro lo Stato.
Le perquisizioni hanno cercato documenti, armi o qualsiasi indizio che leghi i locali all’agguato con gli inquirenti che ritengono che Messina rappresentasse un punto d’appoggio ideale per organizzare l’assassinio: lontana dai riflettori, vicina alla Calabria e dotata di infrastrutture logistiche capaci di garantire l’occultamento dei responsabili.
Nitto inoltre, ritenuto il mandante del delitto, avrebbe avuto piena consapevolezza che fermare Scopelliti significava bloccare il passaggio in Cassazione delle condanne ma l’assenza di prove determinò il fallimento dell’impianto accusatorio in appello; oggi, a restituire nuove speranze è il progresso tecnologico con le analisi forensi più avanzate che potrebbero individuare tracce allora invisibili, come residui di esplosivo o materiale genetico.
Nel frattempo, voci raccolte sul territorio continuano a descrivere Scopelliti come un ostacolo troppo grande per non essere rimosso mentre gli investigatori puntano anche su vecchie lettere e strutture sigillate che potrebbero custodire elementi utili a riscrivere la storia e restituire giustizia a un magistrato che ha incarnato fino in fondo la fiducia nella legge.
