Benedetto Santapaola, conosciuto come Nitto Santapaola, è considerato uno tra i più potenti e sanguinari boss mafiosi di Cosa Nostra e nel 2003 è stato condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio di Giovanni Lizzio, ispettore capo di Catania ucciso il 27 luglio 1992 in un agguato nel cuore della città. A incastrarlo per questo delitto – tra i tanti che gli sarebbero stati attribuiti, riporta Antimafia Duemila, nel 1998 sarebbero state le rivelazioni del pentito Natale Di Raimondo. Il processo, denominato “Orsa Maggiore”, si chiuse con l’ergastolo a Nitto Santapaola. 12 anni di reclusione, ritenuti esecutori materiali dell’agguato, Natale Di Raimondo e Umberto Di Fazio. 30 anni di carcere a Francesco Squillaci e Giovanni Rapisarda, poi assolto in appello, Assolti anche Filippo Branciforti e Francesco Di Grazia.
Soprannominato “il Cacciatore” o “il Licantropo”, Nitto Santapaola sarebbe stato catturato dopo 11 anni di latitanza, all’alba del 18 maggio 1993, in un casolare nelle campagne di Mazzarrone. Alle spalle una scia impressionante di orrori tra cui le stragi di Capaci e via D’Amelio, per cui sarebbe stato condannato definitivamente all’ergastolo nel 2008, e al suo fianco la moglie Carmela Minniti, uccisa due anni più tardi, nel 1995, nella loro casa in via De Chirico a San Gregorio di Catania.
Nitto Santapaola da venditore ambulante ai vertici di Cosa Nostra
Nato nel 1938 nel quartiere popolare catanese San Cristoforo, Nitto Santapaola si è guadagnato i sinistri soprannomi di “cacciatore” e “licantropo” nel corso di una carriera criminale lunga decenni e tra le più sanguinarie ai vertici di Cosa Nostra. Per più di 20 anni avrebbe comandato nella sua terra tra omicidi e stragi, fino alla cattura avvenuta nel 1993. Da venditore ambulante di scarpe, ricostruisce la Tgr Sicilia, sarebbe riuscito a imporsi tra i nomi di punta della mafia siciliana in pochissimo tempo.
Definito un killer spietato, avrebbe intrecciato rapporti con pezzi dell’imprenditoria locale mai del tutto svelati dalle lunghe indagini sulla sua storia di boss mafioso tra i più feroci. Nel 1997, fu condannato in primo grado all’ergastolo per la strage di Capaci, sentenza confermata in appello nel 2000 che vide condannati anche Bernardo Provenzano, Totò Riina e Giovanni Brusca.
Nel 2003 la condanna definitiva all’ergastolo per l’omicidio del giornalista Giuseppe Fava per cui fu imputato e condannato anche Aldo Ercolano. Nel 2008 la conferma della Cassazione per gli attentati ai giudici Falcone e Borsellino. Detenuto nel carcere di Opera al 41bis, nel 2020 aveva chiesto il differimento pena ai domiciliari per motivi di salute, respinto dal giudice della Sorveglianza di Milano.