Nizza Monferrato, Makka Sulaev condannata a 9 anni e 4 mesi per aver ucciso padre violento (ma non andrà in carcere). Non riconosciuta la legittima difesa
Uccise il padre violento per difendere la madre, ma la Corte d’Assise di Torino ha escluso che quella di Makka Sulaev sia stata legittima difesa, condannandola a 9 anni e 4 mesi di carcere per omicidio. Il verdetto è arrivato al termine di una lunga camera di consiglio ed è stato inaspettato, non solo perché è stata giudicata colpevole di omicidio, ma anche perché la pena è stata superiore a quella richiesta dall’accusa, che infatti auspicava una condanna a 7 anni.
L’omicidio, comunque, non è stato premeditato secondo i giudici, che hanno infatti escluso tale aggravante, concedendo invece le attenuanti. Le letture di difesa e accusa sono state diverse in merito a quanto accaduto il primo marzo 2024, quando il padre venne ucciso a coltellate, però in ogni caso era emerso un quadro di violenze domestiche e maltrattamenti da parte del padre nei confronti della madre e dei fratelli.
PERCHÉ MAKKA SULAEV NON FINIRÀ IN CARCERE
Makka Sulaev, comunque, non finirà in carcere dopo la condanna: le è stata annullata la misura cautelare degli arresti domiciliari, in quanto è stata sostituita con l’obbligo di presentazione ai carabinieri di Nizza Monferrato, fatta eccezione per il weekend. Il caso non è chiuso, perché può presentare ricorso, visto che ci sono tre gradi di giudizio, ma nel merito i legali di Makka Sulaev non si sono espressi.
Di sicuro, questa vicenda ricorda quella di Alex Cotoia, finito sul banco degli imputati per aver ucciso il padre violento. Il ragazzo seguì un lungo iter processuale, durante il quale è stato anche condannato, ma alla fine è stato assolto. La difficoltà nel giudicare queste vicende è legata al complesso equilibrio da individuare tra il concetto di legittima difesa, responsabilità penale e contesto familiare.
Lo stesso pm nella requisitoria aveva riconosciuto la complessità del caso, consapevole del dramma vissuto dall’imputata, concludendo però che è responsabile dell’omicidio del padre. Una linea condivisa dalla Corte d’assise di Torino. L’avvocato Massimiliano Sfolcini, che aveva chiesto l’assoluzione della sua assistita, non ha nascosto il suo stupore per il fatto che non sia stata considerata la legittima difesa da parte della 19enne.
