Denis Bergamini, giocatore del Cosenza Calcio, è morto nel 1989. Cos'è successo: il corpo sulla statale 106, la fidanzata Isabella Internò a processo...
Denis Bergamini aveva soltanto 27 anni ed era un calciatore promettente, stella del Cosenza Calcio quando, il 18 novembre 1989, il suo corpo senza vita fu trovato sull’asfalto della statale 106 lungo la costa calabrese all’altezza di Roseto Capo Spulico. Suicidio, fu la ricostruzione portata avanti per decenni e mai creduta dai familiari. Donato Bergamini, detto Denis, non avrebbe avuto alcun motivo per porre fine alla sua giovane e brillante esistenza.
La storia è al centro della nuova puntata di Cose Nostre intitolata “L’amore bugiardo”, in onda lunedì 26 maggio, dalle 23:30, su Rai 1. Il programma condotto da Emilia Brandi racconta la vicenda di Denis Bergamini e le ombre sulla donna con cui aveva avuto una relazione, Isabella Internò, oggi a processo con l’accusa di omicidio. Stando al racconto della stessa, il giocatore si sarebbe gettato da un cavalcavia finendo per essere poi travolto da un camion in transito e restare ucciso. Una versione sostenuta per decenni, ma sempre ritenuta inverosimile da chi conosceva Denis Bergamini.
Denis Bergamini, il caso riaperto nel 2017 e il processo a Isabella Internò
Il caso di Denis Bergamini fu riaperto nel 2017. La riesumazione del corpo restituì una fotografia precisa della sua morte: ucciso con meccanismo asfittico violento prima che il cadavere fosse colpito e trascinato dal mezzo pesante in transito. Secondo l’accusa, a ordinare il delitto sarebbe stata proprio l’ex fidanzata Isabella Internò mossa dal desiderio di vendicare il “disonore” che il calciatore le avrebbe procurato rifiutando di unirsi a lei in matrimonio.
Imputata di omicidio volontario in concorso con ignoti, Isabella Internò ha incassato una condanna a 16 anni di carcere in Corte d’Assise a Cosenza nel 2024. Per la sorella di Denis, Donata Bergamini, un primo passo verso la verità sulla terribile fine del giocatore. I giudici hanno emesso una sentenza con pena inferiore alla richiesta della Procura (23 anni) riconoscendo prevalenti le attenuanti sulle aggravanti. “Sono innocente, lo giuro“, avrebbe dichiarato in aula la donna prima del verdetto.
