Omicidio Yara Gambirasio, come Dna ha portato all'arresto di Massimo Bossetti: dal famoso caso Ignoto 1, test di massa e la battaglia sull'indagine genetica
MASSIMO BOSSETTI E LA QUESTIONE DEL DNA
L’omicidio di Yara Gambirasio è uno dei casi italiani di cronaca in cui le indagini genetiche hanno avuto un ruolo decisivo nell’individuazione del colpevole, Massimo Bossetti, che è stato condannato definitivamente all’ergastolo. Per l’ex muratore di Mapello, intervistato da Belve Crime, l’arresto fu determinato dalla vicenda di “Ignoto 1“, tra test di massa e polemiche sui limiti dell’indagine genetica.
La vittima, una ragazza di 13 anni scomparsa nel 2010 da Brembate di Sopra, in provincia di Bergamo, venne ritrovata tre mesi dopo in un campo a Chignolo d’Isola: su alcuni indumenti fu isolata una traccia di DNA maschile che non apparteneva a nessun familiare o conoscente. Fu quindi attribuito il nome di “Ignoto 1“. Le autorità avviarono una gigantesca indagine genetica: oltre 18.000 profili di DNA della zona vennero esaminati per cercare corrispondenze.
Nel 2013 si trovò una compatibilità genetica al 50% con il figlio illegittimo di un autista di autobus, Giuseppe Guerinoni, morto nel 1999. Inoltre, l’uomo non risultava avere figli legittimi con quel profilo genetico, per cui si passò alla ricerca di eventuali figli illegittimi. Dopo ulteriori indagini, fu trovato compatibile al 99,9999% il profilo genetico di Massimo Bossetti, arrestato nel giugno 2014.
IGNOTO 1, LE OBIEZIONI DELLA DIFESA E LE TESI DEI GIUDICI
La traccia di DNA che portò all’arresto di Bossetti era mista, quindi contaminata da altri profili genetici, peraltro presenti anche in quantità bassa, e con una componente mitocondriale non corrispondente, motivo per cui la difesa sollevò dubbi sull’affidabilità dell’analisi. Inoltre, non venne mai eseguita una controanalisi indipendente, aspetto che i legali di Bossetti hanno più volte contestato.
Tuttavia, per i giudici, il DNA nucleare (che identifica il soggetto) è valido e completo, mentre quello mitocondriale non è essenziale ai fini dell’identificazione, perché non univoco e potenzialmente condiviso da più persone. Inoltre, la possibilità di contaminazione è stata ritenuta teorica e priva di elementi concreti. Pertanto, la valutazione finale fu quella di una traccia attendibile e probante, e l’identificazione scientificamente solida.
LA PROVA GENETICA HA LIMITI?
A ciò si aggiunge il fatto che il DNA fu trovato sugli indumenti della vittima, ma nessun altro elemento lo collegava direttamente al luogo del delitto: nessuna traccia biologica nel campo né testimoni oculari. Per questo motivo, alcuni esperti hanno sostenuto che la sola prova genetica non basti a giustificare una condanna per omicidio. I giudici hanno riconosciuto l’assenza di altri indizi, ma hanno anche ritenuto il DNA una prova regina sufficiente, vista la sua univocità e l’assenza di giustificazioni alternative.
L’arresto e la condanna all’ergastolo di Massimo Bossetti, confermata nel 2018 in Cassazione, rappresentano dunque un caso emblematico dell’uso avanzato della genetica forense. La difesa, però, continua a sottolineare che il DNA, per quanto potente, non è infallibile: può essere contaminato, mal interpretato o utilizzato senza adeguate garanzie procedurali, anche per questo porta avanti la sua battaglia per riaprire il caso.
