Caso Yara Gambirasio: Massimo Bossetti, attraverso la sua difesa rappresentata dagli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, nonostante l’opposizione del pm ha ottenuto dal Tribunale di Bergamo il via libera alla ricognizione di tutti i reperti. Si tratta della ennesima autorizzazione alla “mera visione” del materiale relativo all’omicidio della 13enne di Brembate Sopra dopo quella ottenuta ed espletata lo scorso anno (ma solo su alcuni di essi).
Stavolta, la Corte d’Assise ha accolto disposto che venga rintracciato tutto quanto è riconducibile al procedimento che si è concluso con l’ergastolo definitivo a carico dell’ex muratore di Mapello, compresi oggetti e campioni biologici mai analizzati (come parte di un osso della minorenne e l’apparecchio dentale della vittima sul quale, stando agli atti, erano state trovate delle formazioni pilifere mai sottoposte ad accertamenti).
Yara Gambirasio: quali sono i reperti su cui punta la difesa di Massimo Bossetti
Le forze dell’ordine sono state per questo incaricate dal Tribunale di “ricercare i reperti mancanti presso l’Istituto di medicina legale di Milano, il Ris di Parma o altre strutture pubbliche o private che li abbiano in custodia” così da poterli sottoporre alla ricognizione concessa alla difesa di Massimo Bossetti.
I legali del detenuto avevano chiesto l’intero compendio di reperti, sia quelli sotto sequestro che quelli non sequestrati, ma è incognita su cosa sia effettivamente rimasto e cosa, eventualmente, sia andato distrutto. L’obiettivo del pool che assiste Bossetti è ottenere finalmente le analisi di parte che gli sono sempre state negate, in particolare sul Dna. I reperti su cui ora punta comprendono anche la porzione di osso della 13enne uccisa – la diafisi femorale – da cui fu estratto il profilo genetico di Yara Gambirasio. Il motivo, ha spiegato l’avvocato Salvagni ai microfoni di Iceberg è verificare il dato di partenza, cioè il Dna della vittima in quanto quello di Ignoto 1 (attribuito dall’accusa al condannato senza possibilità di accertamenti in contraddittorio) fu ottenuto per sottrazione. Al centro dell’attenzione difensiva sono anche i margini ungueali della vittima e l’apparecchio dentale che portava al momento del delitto: su quest’ultimo reperto, in particolare, erano state trovate evidenze di materiale pilifero mai analizzato.
Come precisato alla trasmissione di Marco Oliva dal genetista Marzio Capra, consulente della difesa, all’appello mancano anche altri reperti potenzialmente utili a riscrivere la storia nell’ottica di una istanza di revisione del processo: “Ci sono tutti i campioni di riferimento della povera ragazza, ci sono dei tamponi ginecologici che non sono mai stati oggetto di alcuna analisi, e diversi altri campioni“. Il compito della Polizia giudiziaria, su delega della Corte d’Assise, è ora quello di trovarli unitamente a quanto è ancora conservato tra strutture pubbliche e private. Tutti reperti che la difesa potrebbe analizzare per la prima volta: “Siamo convinti – ha ribadito l’avvocato Camporini – che queste analisi darebbero risposte diverse da quelle date fino ad oggi“.