Quei “collegamenti” di cui abbiamo bisogno (per non rassegnarci)

In questi giorni oltre mezzo milioni di ragazzi sono impegnati con la Maturità e stanno per cominciare gli orali

È molto probabile che a tanti di noi sia accaduto di incrociare qualcuno dei 524.415 ragazzi che dal 18 giugno sono alle prese con l’Esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione. Esaurite le prove scritte stanno in questi giorni iniziando gli orali, il colloquio, come più frequentemente amano definirlo i testi ministeriali.



Difficilmente, al di là di come siano andate le prove scritte, emerge nei ragazzi un reale timore circa l’esito finale dell’esame. È infatti universalmente noto che essere bocciati alla maturità è un’impresa pressoché titanica, stanti le percentuali che gli addetti ai lavori, ma forse non solo loro, ben conoscono. Alla maturità 2024 sono stati promossi il 99,8% degli studenti ammessi all’esame che a loro volta erano il 96,5% di coloro che avevano frequentato l’anno scolastico. Anche andando indietro negli anni, perfino nell’era pre-Covid, i numeri erano sostanzialmente gli stessi.



Questo non toglie che gli studenti arrivino alle prove d’esame spesso stressati e ansiosi, ma non per paura di una possibile bocciatura, quanto piuttosto per una condizione di insicurezza e di solitudine che il più delle volte ha accompagnato il percorso scolastico… e non solo quello. E ora sono di fronte a una prova, che proprio in quanto tale li spaventa.

Ha scritto un noto psicopedagogista italiano, Stefano Rossi: “Mentre l’adolescente-Icaro di ieri volava troppo in alto, i nuovi Icaro hanno paura di volare. Le loro ali tremano per la paura di sbagliare, cadere e fallire; tremano per l’ansia che ostacola la serenità del loro volo, a scuola come nella vita”. Questa paura però non ha in generale dominato nelle giornate degli scritti. Perché i tempi lunghi, i compagni comunque vicini, l’accessibilità delle prove di quest’anno, hanno consentito quasi a tutti di cimentarsi dignitosamente con le questioni proposte.



Per quanto riguarda la prima prova, quella di italiano uguale per tutti gli ordini di scuola dai Licei ai Professionali, come gli addetti ai lavori sanno, prevede ben sette opzioni possibili, tutte corredate da un testo d’autore che funge, pur se con modalità diverse, da apripista per lo svolgimento dell’elaborato. Solo una percentuale minima ha scelto di fare i conti con il testo letterario. Pasolini è arrivato al 7,4% lasciando addirittura a un 2,3% il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa.

Si è invece imposto all’attenzione della indiscussa maggioranza degli studenti il testo forse più semplice e immediato tra quelli proposti, un bell’editoriale di Riccardo Maccioni, pubblicato su Avvenire nel dicembre dello scorso anno e dedicato al tema del “Rispetto”. Scelto dal 40,3% dei candidati ha battuto di gran lunga le altre opzioni possibili che si sono attestate tra il 15,4% e l’8,2%.

Poiché si trattava di produrre un testo argomentativo sulla questione proposta da Maccioni, sviluppando una tesi personale motivata e articolata, sarebbe veramente interessante conoscere i contenuti messi a fuoco dagli studenti. Perché “rispetto” implica e sottende relazione, dialogo, confronto, interesse agli altri, condivisione.

Che cosa può avere attirato quasi la metà dei ragazzi a parlare di tutto ciò? Solo la facilità espositiva del testo di Maccioni? Oppure un paradossale bisogno di guardare in faccia un’esperienza da cui ci si sente distanti?

Perché tutti questi giovani che si sono confrontati con il tema del rispetto, “una parola che esprime attenzione, gusto dell’incontro, stima”, come suggerisce Maccioni proprio all’inizio del brano proposto, sono gli stessi giovani che spesso giudichiamo incapaci di relazioni, che privilegiano un like a un rapporto, che amano studiare da soli piuttosto che fare anche dello studio un’occasione di condivisione, che dialogano più facilmente con uno schermo che con un amico. Sono i giovani che i social hanno condannato a un presente perenne, dove tutto accade nell’istante senza il tempo della relazione e della riflessione.

Ma questi giovani sono anche quelli che quando ci sono state le alluvioni, hanno infilato gli stivali, si sono spesi per aiutare e non hanno avuto paura della fatica. Allora forse il paradosso di tutte le migliaia di studenti che il primo giorno degli esami di maturità hanno parlato di “rispetto” può avere una spiegazione semplice.

Di rispetto, di relazioni, di stima, di dialogo, di cura reciproca, di legami, questi giovani, come ognuno di noi, hanno proprio bisogno! E allora non disdegnano neppure di allenarsi a collegare, a “mettere in relazione”, a “correlare”, come recita l’O. M. del 31 marzo 2025 all’art.22 relativo al colloquio e come la griglia di valutazione del colloquio ribadisce.<

Forse per questi ragazzi, spesso così isolati e solitari, cercare i collegamenti tra le cose, tra le conoscenze, anche tra quelle discipline scolastiche spesso così apparentemente estranee le une alle altre, può rappresentare un’occupazione allettante. E in questi giorni di preparazione al colloquio, la ripresa dei vari programmi è attraversata dalla spasmodica ricerca dei “collegamenti”. Tra le varie discipline, tra le conoscenze acquisite, tra un argomento suggerito e possibili esperienze correlate, tra un testo proposto e ogni possibile collegamento interdisciplinare.

Ben venga anche il colloquio della Maturità se contribuisce a far crescere la stima e la frequentazione con un modo di guardare e di vivere più bisognoso di connessioni e collegamenti. Più desideroso di rapporti, di legami, di relazioni. I nostri ragazzi, ma non meno noi, hanno bisogno di accorgersi che la vita non è fatta di parti separate tra loro, in perenne conflitto. Che la realtà tutta è un’unità in cui alberga un ordine. Per arrivare a scoprire che gli uomini nella loro diversità hanno in comune un cuore e un destino e che la guerra non è una inevitabile condizione cui rassegnarsi.

Accorgersi di tutta questa bellezza è un cammino. Non possiamo smettere di desiderare che anche la scuola in tutta la sua dinamica formativa ed educativa sia parte di questo cammino.

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