Sondaggi: socialdemocratici in calo al 22%, crescono Verdi e liberali. Frederiksen frena su Trump, la Danimarca investe sulla difesa e guida l’UE
Lo scenario che emerge dai sondaggi in Danimarca aggiornati Voxmeter (effettuati dal 16 al 22 giugno) racconta di una situazione in movimento ma senza veri scossoni, con i socialdemocratici che restano in testa al 22% anche se perdono un punto rispetto alla settimana precedente, mentre i Verdi di G/EFA salgono al 14% e si confermano ormai una presenza solida, in crescita costante anche grazie a una narrazione chiara su ambiente e diritti.
I liberali di V avanzano all’11%, seguiti dalla componente EPP che si ferma al 12%, in lieve calo, segnale che l’area moderata continua a perdere qualcosa a favore di opzioni più dinamiche; a destra, i conservatori Æ si attestano sul 10%, mentre la sinistra radicale Ø scende al 7%, e i partiti minori come H crescono di due punti salendo al 3%, un piccolo movimento ma che racconta bene la voglia di una parte dell’elettorato di uscire dagli schemi.
Questi sondaggi non mostrano veri e propri stravolgimenti, ma danno la sensazione di una scena politica che si sta preparando a qualcosa, forse al semestre europeo in arrivo o forse semplicemente a un cambio di equilibrio più sottile, dove i temi contano più delle bandiere e dove anche piccoli spostamenti possono diventare decisivi nei prossimi mesi.
Sondaggi Danimarca, Frederiksen smorza il clima con Trump ma ribadisce: “Non c’è accordo sulla Groenlandia”
Oltre ai sondaggi, in questi giorni il dibattito politico si accende anche fuori dai confini nazionali, soprattutto in occasione del vertice NATO all’Aia dove è previsto un incontro, ancora non confermato ufficialmente, tra la premier Mette Frederiksen e il presidente americano Donald Trump; Frederiksen ha ammesso che oggi non userebbe più le parole di un anno fa, quando parlava di un buon rapporto con il tycoon, aveva infatti affermato in precedenza di conoscere Trump dai tempi del suo primo mandato e che ci ha già lavorato in passato.
Ma oggi le cose sono cambiate, anche perché, come ha ricordato lei stessa, non è possibile avere una relazione fluida e stabile con qualcuno che dichiara apertamente di voler controllare militarmente una parte del Regno danese, facendo un chiaro riferimento alla Groenlandia.
Il tono della premier non è stato polemico, ma neanche accomodante, spiegando che la relazione transatlantica resta importante, ma che oggi c’è un disaccordo netto e profondo, difficile da ignorare o minimizzare, e queste parole hanno un peso considerevole in quanto arrivano in un momento dove la Danimarca si sta preparando al Consiglio europeo dal primo luglio, e dove la postura internazionale del Paese torna centrale anche all’interno.
I sondaggi riflettono questa tensione tra continuità e discontinuità, tra chi cerca sicurezza nella stabilità e chi invece guarda a scelte più nette, e non è un caso che le forze più dinamiche siano proprio quelle che si stanno esprimendo in modo più diretto su difesa, Europa e rapporti con gli Stati Uniti.
Sondaggi Danimarca, più fondi alla difesa e semplificazione della PAC: il governo si muove su due binari paralleli
Insieme ai sondaggi e ai temi geopolitici si muovono anche le scelte più concrete, quelle che toccano economia e istituzioni europee: la Danimarca si prepara infatti a guidare il semestre UE con una priorità chiara, cioè quella di semplificare le politiche e le procedure, ed è stato il ministro dell’Agricoltura Jacob Jensen a dirlo esplicitamente, parlando di un sistema normativo troppo frammentato che spesso ostacola gli stessi obiettivi che si propone di raggiungere.
Gli agricoltori, secondo il governo, chiedono meno burocrazia e più strumenti flessibili, anche per poter tenere insieme sostenibilità e redditività ed è lì che la semplificazione della PAC diventa centrale nel disegno danese; ma accanto a tutto questo, resta l’altro grande capitolo di spesa, ovvero la difesa.
Frederiksen ha detto chiaramente che sarà “davvero davvero costoso”, e che ogni cittadino sentirà il peso di questi investimenti, anche se il Ministro delle Finanze Nicolai Wammen ha cercato di rassicurare, spiegando che grazie a una revisione positiva del bilancio – con una disponibilità extra di 58 miliardi di corone – l’impatto sulle famiglie potrebbe essere più contenuto del previsto; il piano prevede di portare la spesa per la difesa fino al 5% del PIL, una cifra enorme per un Paese come la Danimarca che storicamente ha tenuto basso quel tipo di impegno, ma oggi, con le pressioni NATO e la necessità di rafforzare la sicurezza interna e digitale, il tema non è più rinviabile.
I sondaggi non dicono ancora chiaramente cosa pensi esattamente l’opinione pubblica di queste cifre, ma è evidente che la tenuta del consenso passerà anche da come verrà gestita questa fase, da quanto sarà trasparente la comunicazione sui costi reali e da quali saranno le scelte sulle priorità da salvaguardare mentre altre risorse verranno dirottate verso gli impegni militari e strategici.
