Oggi, 27 giugno, è la festa del Sacro Cuore di Gesù, domani del Cuore Immacolato di Maria. Ne parlano due libri di Michel Esparza e Manuel Gregori
Qual è il nocciolo del cristianesimo, il suo tratto più distintivo? Non ha dubbi Michel Esparza, autore del saggio Con il Cuore di Cristo. Un’introduzione alla preghiera (Ares, 2025). Per il sacerdote spagnolo, teologo, filosofo e medico, ciò che caratterizza la fede cattolica è innanzitutto “l’amore di Cristo per ciascuno di noi”.
È un aspetto che negli ultimi decenni è stato trascurato a favore di una religiosità più terrena, più attenta al “fare”, mettendo al centro sé stessi, che al “rendere grazie” e riconoscere che tutto parte dall’iniziativa divina.
Rimettere al centro della nostra vita Cristo e Lui solo, per riprendere il titolo degli esercizi spirituali predicati nel 2016 da monsignor Luigi Negri alle monache di Valserena – e che è anche il filo conduttore della predicazione di Leone XIV – ha una conseguenza che è sempre stata presente nella bimillenaria storia della Chiesa: compito dell’uomo è “riparare con opere d’amore l’immensa sofferenza e l’angoscia” del Salvatore, di fronte alla nostra freddezza per la sua Passione, “quando non si vede ricambiato dagli uomini”.
Non è superata perciò, non appartiene a un polveroso passato la devozione al Sacro Cuore, che oggi può ancora “cementare un’intensa relazione d’amore con Gesù che, dalla Croce, ci invita a trascorrere la nostra esistenza collaborando alla sua opera di redenzione” .
Ancor più netto Manuel Gregori, giovanissimo autore di opere di spiritualità, nel suo Fuoco e Misericordia. In contemplazione del Sacro Cuore di Gesù (Ares, 2025). Per Manuel – testimone ancora bambino con i suoi familiari della lacrimazione della Madonnina di Civitavecchia – “il Sacro Cuore non è un semplice simbolo devozionale, ma la sintesi perfetta del mistero cristiano”, perché ci presenta “un cuore trafitto dalla lancia, dal quale scaturirono sangue e acqua, segni dell’Eucaristia e del Battesimo, ossia della Chiesa stessa”.
È evidente che viviamo “in un’epoca segnata dall’indifferenza e dal relativismo”, ma sembra che a ben pochi importi. In un mondo che dietro la facciata dell’impegno sociale e per la “salvezza” del pianeta, in realtà è “decostruito” e “minato nelle sue basi morali”, quale interesse può avere per il Sacro Cuore il credente di oggi, moderno, emancipato e distaccato da pratiche ritenute bigotte e inutili?
La risposta è semplice: il Sacro Cuore di Gesù, a cui per affinità accostiamo il Cuore Immacolato di Maria – si festeggiano un giorno dopo l’altro – “continua ad ardere come un faro nella notte più cupa, richiamando il cuore di ogni uomo alla conversione e alla fiducia nella Misericordia divina”.
I due autori, Esparza e Gregori, approfondiscono alcuni aspetti: il primo dà più spazio alle origini storiche della devozione, il secondo ne analizza il riverbero nella vita del cristiano.
La devozione al Sacro Cuore di Gesù si diffonde in tutto il mondo cattolico dopo le rivelazioni private a santa Margherita Maria Alacocque a Paray-le-Monial (Francia). Tra il 1673 e il 1675, questa “monaca dall’aspetto grigio, sempre malaticcia, molto timida, timorosa e impacciata”, come l’ha descritta lo scrittore Carlos Pujol, “ebbe quattro visioni in cui le fu mostrato il Cuore di Cristo come simbolo del suo amore per l’umanità”.
È a lei che il Figlio di Dio avrebbe “espresso l’ardente desiderio che il suo amore fosse ricambiato”, chiedendole di “promuovere la Comunione frequente, con un intento di riparazione”.
Nasce così la pratica dei primi venerdì del mese. Ma la devozione non è stata “inventata” dalla santa francese nel XVII secolo, esisteva già prima. Nella sua XXXII enciclica, Haurietis Aquas (titolo tratto da Isaia, 12,3: Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza), pubblicata il 15 maggio 1956 e proprio dedicata alla devozione al Sacro Cuore di Gesù, Pio XII sottolinea che questo culto non è “apparso quasi all’improvviso nella vita della Chiesa; esso è scaturito spontaneamente dalla viva fede dalla fervida pietà”.
Papa Pacelli enumera alcuni santi importanti che hanno vissuto intensamente questa devozione in passato: san Bernardo, san Bonaventura, sant’Alberto Magno, santa Gertrude, santa Caterina da Siena, san Pietro Canisio, san Francesco di Sales, san Giovanni Eudes. San Bernardo “insistette sull’importanza di investire tutte le nostre energie affettive nel rapporto con il Signore”, mentre san Giovanni Eudes “rivelò la compenetrazione affettiva tra i cuori della Madre e del Figlio”.
La venerazione di entrambi i cuori “divenne patrimonio comune dei cattolici in seguito alla richiesta fatta nel 1830 dalla Vergine a santa Caterina Labouré di coniare la cosiddetta medaglia miracolosa”, su cui “sono incise dodici stelle che circondano due cuori”.
Le stesse dodici stelle – che si riferiscono al numero delle tribù d’Israele e al racconto di Giovanni nell’Apocalisse, che vide la Madonna con in capo una corona di dodici stelle – hanno ispirato, l’8 dicembre 1955, festa dell’Immacolata Concezione!, lo stemma e la bandiera del Consiglio d’Europa, simbolo poi adottato nel 1985 dall’Unione Europea.
Il grafico franco-tedesco Arsène Heitz, autore del bozzetto, indicò nella medaglia miracolosa che portava al collo la sua fonte di ispirazione, chiedendo che in futuro la bandiera non fosse “corretta” con l’aggiunta di altre stelle.
Due testi in totale sintonia con l’ultima enciclica di papa Francesco, Dilexit nos (Ci ha amati), del 24 ottobre 2024, che definisce il cuore di Cristo come la “fonte da cui è sgorgata la salvezza per l’umanità intera”, invitando a riconoscervi l’autentico “cuore del mondo, capace di rinnovare la storia”.
Sorprendente la conclusione del libro di Manuel Gregori, che annuncia “in diretta” ai lettori che l’accostarsi al mistero del Sacro Cuore ha fatto nascere in lui la vocazione sacerdotale, che lo porterà presto in seminario. Lapidario il suo accorato appello: “A tutti coloro che leggeranno queste pagine: non temete di aprire il vostro cuore a Dio. Lasciatevi amare, lasciatevi salvare”.
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