La Segretaria generale della Cisl Daniela Fumarola sarà ospite oggi del Meeting di Rimini, dove riproporrà un Patto per il lavoro e i salari
L’occupazione in Italia continua a crescere, ma i salari reali restano al palo. E ancora non sono ben chiari gli impatti che i dazi americani avranno sul nostro sistema produttivo. Secondo Daniela Fumarola, Segretaria generale della Cisl ospite oggi al Meeting di Rimini, «per affrontare le sfide che abbiamo di fronte è necessaria un’Intesa con tutti i soggetti sociali riformisti. Vanno superati veti e ideologismi che hanno frenato una nuova, agile concertazione. In queste ultime settimane sono arrivate risposte importanti da associazioni datoriali, e soprattutto dallo stesso presidente del Consiglio, che ha manifestato al nostro Congresso di voler percorrere la via di un’Intesa.
Bisogna passare ai fatti individuando obiettivi, strumenti, impegni reciproci. Il nucleo di questo accordo sta in un Patto per il lavoro, i salari e la produttività. E al centro del centro deve esserci la sicurezza nei luoghi della produzione, su cui chiediamo una strategia nazionale che porti avanti la buona navigazione di questi anni».
Come si possono far crescere i salari?
Bisogna rispondere alla bruciante questione salariale senza demagogie, agendo sul nodo di una produttività incrementata e ben distribuita, oltre che sulla leva fiscale. Vuol dire, fra l’altro, esaltare la contrattazione decentrata, aziendale o territoriale, che deve diventare un diritto di tutti i lavoratori. C’è poi da mettere in campo una nuova politica espansiva dei redditi rinnovando tutti i contratti pubblici e privati, intervenendo su prezzi e tariffe, contrastando la speculazione, ridurre la pressione fiscale sulle fasce medie e popolari, sostenendo i redditi da pensione e dal lavoro dipendente, così da compensare la fortissima erosione dovuta in questi anni dal fiscal drag.
Bisogna poi fronteggiare l’impatto dei dazi con misure concrete a tutela dei lavoratori e della produzione, mettendo in campo anche nuove tutele universali e portatili, incentrate sul principio del diritto soggettivo all’apprendimento continuo e su un’infrastruttura di politiche attive istituzionali e sussidiarie degna di questo nome, capace di assicurare sostegno al reddito e buon orientamento nel mercato del lavoro.
Ritiene necessarie delle compensazioni per i settori più colpiti dai dazi Usa? Chi dovrebbe farsene carico? Andrebbe concessa una deroga al Patto di stabilità Ue?
Bisogna sostenere a livello continentale e nazionale le filiere produttive più colpite dai dazi e proteggere i lavoratori, come avvenne durante il Covid. Ma occorrono politiche industriali più coraggiose e lungimiranti, capaci di accompagnare le imprese nelle transizioni ecologica e digitale e di sostenerle in uno scenario commerciale sempre più complesso, aprendo nuove vie di sbocco per i prodotti europei. Per farlo occorrono investimenti mirati in tecnologia e competenze, per aumentare anche la produttività e migliorare le retribuzioni. Un Paese che non investe sul capitale umano compromette la propria crescita di lungo periodo.
Quanto al Patto di stabilità, nel 2024 ha segnato un passo indietro: un ritorno aggiornato alle logiche di austerità, le stesse che dopo il 2008 hanno indebolito le reti sociali. Per questo la Cisl rilancia la visione costruttiva di un’Europa coesa, sociale e integrata, capace di rispondere ai bisogni delle persone e alle sfide del mondo. Le nostre proposte sono sul tavolo.
Quali sono?
Bisogna riformare il Patto di stabilità con una golden rule che escluda dal calcolo del deficit gli investimenti di qualità per la transizione ecologica, l’istruzione, le infrastrutture strategiche, la digitalizzazione, l’infanzia e la non autosufficienza. Ma soprattutto occorre avviare politiche espansive, non solo misure pro-mercato, rafforzando il pilastro sociale europeo: lavoro dignitoso, salari giusti, lotta alla povertà e alle disuguaglianze devono diventare impegni comuni.
Si avvicina la messa a punto della Legge di bilancio. Quali sono le richieste della Cisl rispetto ai provvedimenti che dovrebbero prioritariamente farne parte?
La manovra rappresenta il momento cruciale delle scelte per ogni Governo e noi porteremo nelle prossime settimane le nostre proposte con grande senso di responsabilità. Chiederemo di alleggerire la pressione fiscale sul ceto medio, proseguendo il percorso di riduzione della tassazione sui redditi da lavoro e da pensione.
Pensionati e lavoratori in questo lustro sono stati i più colpiti dall’inflazione. Occorre un sistema impositivo più giusto e redistributivo: detrazioni più alte fino a 60 mila euro, riduzione della seconda aliquota Irpef dal 35 al 32 per cento, una fiscalità che premi produttività e crescita, tassando di più le grandi rendite immobiliari e finanziarie. Dobbiamo rafforzare gli incentivi all’occupazione femminile e investire in infrastrutture soprattutto al Sud, nella sanità, nella scuola, nella non autosufficienza. C’è poi da stabilizzare la dotazione finanziaria a favore della legge sulla partecipazione.
Al Meeting di Rimini ci sarà un incontro dedicato proprio a questa legge, nata da una proposta di iniziativa popolare promossa dalla Cisl. Come potrà la sua applicazione rispondere alle sfide del mercato del lavoro italiano, a partire dal livello dei salari?
Il tema della partecipazione è stato sempre vivo e al centro dell’attenzione alla kermesse di Rimini. Nell’epoca della quarta rivoluzione industriale è solo con il coraggio della corresponsabilità sociale e con l’autorevolezza della contrattazione che si possono risolvere i problemi. Vale per i continui adattamenti organizzativi a cui ci chiamano le relazioni industriali, ma anche per le innovazioni necessarie a rendere più equilibrato e sano il nostro mercato del lavoro. È un’esigenza non solo redistributiva, ma anche generativa, cioè volta a costruire in una dimensione cooperativa le condizioni del progresso.
In questo senso dobbiamo riallocare gli utili, orientare insieme gli investimenti, elevare gli standard sulla sicurezza, sull’innovazione, sulla formazione e le competenze. Dobbiamo contrattare nelle aziende e sul territorio in modo sartoriale, focalizzandoci sulla prossimità, sulle specificità di ogni realtà aziendale, di ogni settore e territorio, per rafforzare la qualità delle produzioni, venire incontro alle esigenze delle persone, dare risposte di innovazione tecnologica, flessibilità e smart-working, orari e settimana corta, strumenti di conciliazione per sostenere la famiglia. Non si tratta di cominciare ma di continuare a contrattare, estendendo la partecipazione in tutte le aziende. Anche e soprattutto in quelle pubbliche.
L’Assemblea generale della Cgil ha deciso di avviare un percorso di mobilitazione in vista della Legge di bilancio per rendere “chiara e visibile la possibile alternativa alle politiche portate avanti dal Governo”. Cosa ne pensa?
Non sta a noi commentare, ma di certo prima bisogna vedere quali politiche avanzerà il Governo. Una mobilitazione è sempre utile se serve a far crescere consapevolezza diffusa sui nodi reali che frenano salari, tutele, sviluppo e coesione. Molto meno se serve invece a incendiare “a prescindere” i rapporti sociali e industriali. La Cisl chiederà un confronto con il Governo e valuterà come sempre i risultati del negoziato.
L’ex Ilva e Stellantis sono forse i casi più emblematici della situazione difficile in cui si trova la manifattura italiana, che, come si vede anche dall’andamento della produzione industriale, ancora non riesce a ripartire. Qual è il suo commento sulle soluzioni prospettate in merito a questi due casi?
Sono due grandi vertenze nazionali. La produzione di Stellantis nel primo semestre 2025 è scesa a 221.885 veicoli (-26,9%). Tutti gli stabilimenti sono in negativo. Si prevede una chiusura d’anno intorno alle 440.000 unità totali, con circa 250.000 autovetture prodotte. Sono dati preoccupanti che confermano la crisi del settore auto frutto di scelte sbagliate a livello di Unione europea e di mancanza d’investimenti in nuovi modelli tecnologicamente competitivi e di sostegno a un settore in forte trasformazione.
Anche sull’ex Ilva non sono chiari ancora tempi, risorse e modalità di attuazione del piano predisposto dal Governo insieme a regione ed enti locali. Per noi i nuovi impianti devono nascere a Taranto, sia i forni elettrici che gli impianti di preridotto, per salvaguardare occupazione e continuità produttiva in un sito strategico. È fondamentale mantenere l’integrità dell’ex Ilva e garantire un piano industriale chiaro per tutti gli stabilimenti. Ambiente, lavoro e sicurezza vanno tenuti insieme. L’acciaio verde si produce in tutto il mondo e deve essere una realtà anche in Italia, tanto più in tempi di dazi e di catene del valore regionalizzate, in cui la siderurgia pesante diventa un asset europeo irrinunciabile.
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