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Home » Esteri » DAL MYANMAR/ “Giunta militare, terremoto, 3,5 milioni di sfollati, così non rinunciamo alla speranza”

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DAL MYANMAR/ “Giunta militare, terremoto, 3,5 milioni di sfollati, così non rinunciamo alla speranza”

Int. Nang Swe Swe Aye
Pubblicato 22 Agosto 2025
In Myanmar, a Yangon (Ansa)

In Myanmar, a Yangon (Ansa)

Nang Swe Swe Aye, rappresentante di AVSI in Myanmar, racconta come il Paese reagisce a guerra e disastri naturali grazie anche all'iniziativa italiana

La sua testimonianza al Meeting di Rimini arriverà con un videomessaggio, come parte dell’incontro Myanmar, la bellezza, l’emergenza e la risposta italiana, che si terrà oggi alle 13. Nang Swe Swe Aye, rappresentante Paese per AVSI in Myanmar, infatti, è impegnata in prima persona nell’assistenza e nella ricostruzione di un Paese che, oltre alla guerra civile, nei mesi scorsi ha dovuto subire anche un devastante terremoto al quale, come se non bastasse, hanno fatto seguito le inondazioni.


DAL MYANMAR/ "L'umanità diversa dei cristiani, unico gioiello di speranza tra le ceneri del dolore"


Non abbastanza, tuttavia, per spegnere la speranza di un popolo che ha bisogno di aiuto per trovare un tetto sotto cui rifugiarsi, ma anche per avere cibo e assistenza sanitaria.

Oltre alla guerra civile, il Myanmar ha dovuto affrontare gli effetti di un devastante terremoto: qual è la situazione attuale nel Paese dopo la tragedia di fine marzo? Quante persone si trovano ancora in difficoltà?


DAL MYANMAR/ "Se capiste che qui l'Occidente può fermare Pechino, forse saremmo già liberi"


Oggi, a quasi tre mesi dal terremoto più forte mai registrato in Myanmar, nel marzo 2025, la situazione è notevolmente peggiorata, con oltre 2 milioni di persone che necessitano di aiuti urgenti. Secondo l’OCHA, i bisogni umanitari complessivi sono pari a 19,9 milioni di persone che necessitano di assistenza, ovvero più di un terzo della popolazione. 3,5 milioni di persone sono sfollate all’interno del Paese, molte delle quali in fuga dal conflitto tra le forze armate del Myanmar e vari gruppi armati non statali.

Case, cibo, medicine: di cosa ha bisogno il popolo birmano in questo momento e chi lo sta aiutando? La comunità internazionale si è mobilitata per portare soccorso?


DAL MYANMAR/ “Dal terremoto al monsone, i morti galleggiano ovunque e il mondo ci ignora”


A quasi tre mesi dal terremoto, le comunità colpite continuano ad affrontare gravi difficoltà nell’accesso ai servizi e alle forniture essenziali, tra cui alloggi adeguati, cibo, beni di prima necessità e assistenza sanitaria. Dall’inizio di luglio, le forti piogge hanno provocato inondazioni e frane diffuse nella regione di Bago e negli Stati di Kayah, Kayin, Kachin, Mon, Rakhine e Shan, causando lo sfollamento di famiglie e danneggiando case, strade e altre infrastrutture critiche. A causa delle continue piogge intense, più di 1.000 acri di risaie e altre colture sono stati allagati nello Shan meridionale e molti agricoltori hanno perso l’intero raccolto proprio nel bel mezzo della stagione del raccolto, a causa delle inondazioni.

E le inondazioni quali altri problemi hanno causato?

L’innalzamento del livello dell’acqua intorno al lago Inle ha colpito anche i rifugi temporanei allestiti per le persone sfollate a causa del terremoto. Le piogge continuano nello Shan meridionale; si prevede che il livello dell’acqua nel lago aumenterà ulteriormente, aggravando la situazione delle inondazioni. Gli attori locali, i volontari e il team AVSI, insieme alla Croce Rossa, stanno rispondendo all’emergenza. È uno sforzo instancabile. Lavorano 24 ore su 24.

Come ha reagito il regime militare al terremoto?

L’esercito birmano ha annunciato un cessate il fuoco temporaneo per accelerare i soccorsi e gli sforzi di ricostruzione. Le organizzazioni umanitarie stanno fornendo finanziamenti di emergenza e sostegno per la ricostruzione di case, ospedali, scuole e altre infrastrutture essenziali.

Il terremoto ha ridotto il livello di conflitto nel Paese, le operazioni militari e la violenza?

No, il terremoto in Myanmar non ha ridotto il conflitto o la violenza. Anzi, ha aggravato la crisi umanitaria esistente ed è stato accompagnato dal proseguimento delle operazioni militari e degli attacchi nelle zone colpite. Sebbene alcune parti in conflitto, tra cui la giunta militare, abbiano annunciato dei cessate il fuoco temporanei, questi non hanno portato a una significativa riduzione della violenza e, in alcuni casi, sono stati accompagnati dal proseguimento degli attacchi.

Quali sono i progetti di AVSI in Myanmar, quelli sviluppati finora e quelli futuri?

La Fondazione AVSI in Myanmar ha fornito aiuti salvavita e risposta alle emergenze – progetto finanziato con fondi privati – a oltre 2.675 famiglie in 20 località della zona colpita dal terremoto nello Stato meridionale di Shan. Il sostegno ha compreso generi alimentari e non alimentari (kit igienici, zanzariere, coperte e materiali per rifugi temporanei), nonché sostegno psicosociale attraverso spazi a misura di bambino a 180 minori, spesso fornito attraverso partnership con chiese e cliniche locali.

I nostri team stanno lavorando a stretto contatto con le comunità per soddisfare le necessità urgenti. AVSI sta cercando di potenziare la risposta per garantire il massimo possibile nel breve termine per la risposta all’emergenza. Ma le donazioni private italiane sono con noi e ci aiutano a sostenere quelle comunità nel lungo termine. Tra i maggiori donatori abbiamo il ministero degli Esteri, l’AICS e la CEI.

Uno sforzo sostenuto insieme alle realtà locali?

Gli attori locali, i volontari e il nostro team, insieme alla Myanmar Red Cross Society, stanno rispondendo. È uno sforzo instancabile. Lavorano 24 ore su 24. Man mano che le necessità crescono, ci stiamo preparando ad ampliare i soccorsi costruendo latrine, distribuendo forniture mediche e sostenendo le famiglie vulnerabili con acqua, riparo e altre risorse necessarie per iniziare a riprendersi dal terremoto.

Come si può costruire la speranza per il Paese?

AVSI sta lavorando per portare speranza in Myanmar attraverso varie iniziative, tra cui aiuti umanitari, sostegno al recupero dei mezzi di sussistenza, sostegno alla salute mentale e iniziative di ricostruzione guidate dalla comunità, con una forte enfasi sul coinvolgimento della Chiesa locale. Questi sforzi mirano a rispondere alle esigenze delle persone colpite da conflitti, sfollamenti e povertà, promuovendo al contempo la resilienza e l’empowerment delle comunità.

(Paolo Rossetti)

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