Il recente incontro al Meeting sul nucleare italiano, presente il ministro Pichetto Fratin, è stato molto interessante, ma ha evidenziato alcune lacune
Caro direttore,
sono i miei ultimi giorni di vacanze (e forse di sole) qui alle Keys in Florida, dovrei quindi sfruttarli appieno, ma la curiosità è troppo forte, quindi torno presto dalla spiaggia e su suggerimento di un amico dall’Italia mi guardo la registrazione dell’incontro sulla transizione energetica e il ruolo del nucleare che si è svolto l’altro ieri al Meeting di Rimini. Mi rilascio sulla poltrona in giardino, con uno spritz in mano per vicinanza culturale (ho fatto scorta di prosecco prima dei dazi) e apro YouTube.
Premessa: il moderatore dell’incontro fa sapere alla platea che il Meeting “ha riflettuto a lungo se inserire in cartellone oppure no” un incontro sul nucleare. E perché mai?, mi domando. Che remore politiche o culturali potrebbero mai esserci a trattare un tema del genere?
Qui da noi Trump si è già mosso sull’argomento (sì, proprio quello del “drill baby drill”), dando frustate all’autorità nazionale per la sicurezza nucleare (NRC) perché acceleri il processo di autorizzazione alla costruzione di nuovi reattori. La Cina, mentre installa pannelli fotovoltaici a go-go, nei prossimi anni diventerà la prima nazione anche sul nucleare (oggi sta costruendo 23 reattori, ha già raggiunto i 57 della Francia e fra non molto supererà i 94 degli USA), la Russia ha il miglior portafoglio di ordini all’estero, mossa di realpolitik oltre che di business, l’India segue a ruota, il Regno Unito ha confermato i suoi piani e investimenti su Sizewell C (nonostante gli extra-costi su Hinkley Point C), la vicina Svizzera si appresta a cambiare la legge che impediva la costruzione di nuovi reattori nucleari, la Svezia fa altrettanto, diverse nazioni EU si muovono, pure Mario Draghi (che nuovamente da Rimini ha suonato la sveglia a Bruxelles) lo aveva scritto nel suo report sulla competitività nel settembre dell’anno scorso.
Quindi per quale motivo avere dubbi nell’affrontare l’argomento atomico? Mi è parsa invece una mossa intelligente, vista l’importanza tanto strategica quanto quotidiana del tema energia e il ruolo che il nucleare già svolge e potrebbe giocare in futuro, soprattutto in chiave geopolitica, nonché l’interesse che di questi tempi dimostrano soprattutto le giovani generazioni.
Come da tradizione al Meeting, il parterre scelto è di tutto rispetto: oltre al ministro di competenza Gilberto Pichetto Fratin, anche il direttore dell’ispettorato nucleare italiano (ISIN) Francesco Campanella, la presidente di ENEA Francesca Mariotti, la co-fondatrice della startup nucleare Newcleo Elisabeth Rizzotti, l’Ad di Nuclitalia Luca Mastrantonio, il direttore R&D di ENI Lorenzo Fiorillo.

Il moderatore suggerisce ai relatori di rispondere ai due quesiti critici più importanti: la sicurezza e i costi del nucleare. I panelist non è che seguano proprio le indicazioni, eh… ma toccano comunque corde interessanti.
Ecco cosa c’è sul mio personalissimo cartellino di sintesi dell’incontro.
a) tutti citano il famoso (e molto atteso) ddl-delega di riordino sul nucleare, proposto dal ministro Pichetto, portato in Consiglio dei ministri a fine febbraio e approvato a fine luglio dalla Conferenza Unificata (Stato-Regioni-Provincie Autonome-Città ed autonomie locali, solo tre regioni contrarie: Sardegna, Toscana e Umbria), ma non ancora calendarizzato in Parlamento;
b) ISIN evidenzia la propria terzietà rispetto alle decisioni politiche sul nucleare, le proprie attività di controllo e garanzia sulla sicurezza nucleare in Italia sin dal 2014, anche se solo per la gestione del decommissioning e delle sorgenti radioattive utilizzate negli ospedali, nell’industria e nella ricerca (non per nuove centrali nucleari, per le quali sarà necessaria la collaborazione con le istituzioni di sicurezza di altri Paesi per sviluppare capacità e competenze), la disponibilità ad agire in modo trasparente e aperto al confronto con gli stakeholder evitando un posizionamento da “torre eburnea”, infine il proprio status di “autorità indipendente” (cosa che però tecnicamente e formalmente ancora non è, poiché oggi di un ispettorato si tratta, peraltro nominato e vigilato da un ministero, il MASE, mentre le procedure di nomina e gestione di un’Authority hanno tutt’altra struttura);
c) ENEA propone una roadmap per l’Italia: un quadro regolatorio e normativo chiaro e in tempi brevi, un ruolo per l’ente nazionale (ad es. prove e validazioni sulle tecnologie nucleari), il rafforzamento delle competenze, la creazione di un quadro finanziario e di business per il nucleare con partnership pubblico-privato, la soluzione del problema dei rifiuti radioattivi, infine la creazione di un’autorità indipendente di sicurezza (infatti: vedi sopra), ad esempio “rafforzando” ISIN;
d) Newcleo enfatizza la sostenibilità ambientale della propria tecnologia di reattori di IV generazione, macchine che potrebbero riutilizzare come combustibile ciò che viene prodotto (alias il plutonio, ma non lo dice…) dai reattori attuali di II e III generazione, allo stesso tempo “bruciando” i rifiuti nucleari generati da quegli stessi reattori, citando tale caratteristica come “neutralità tecnologica”, in realtà facendo un po’ di confusione tra la “staffetta tecnologica” (ossia il passaggio di testimone tra i piccoli reattori modulari di III generazione e quelli di IV) e la “neutralità”, spesso indicata come necessità nelle policy energetiche di non preferire a priori nessuna fonte, a parità di effetti positivi sulla decarbonizzazione, sull’indipendenza strategica e sull’impatto economico-industriale;
e) Nuclitalia ricorda il proprio ruolo di riferimento nazionale, per l’analisi critica di fattibilità delle tecnologie nucleari (Small Modular Reactors) in l’Italia, con criteri non solo ingegneristici ma anche di ritorno industriale e di coinvolgimento nello sviluppo dei reattori, da svolgere sfruttando le proprie competenze interne (fornite da ENEL e da Ansaldo Nucleare in primis), includendo nell’analisi la valutazione comparativa dei costi basata su evidenze numeriche e sulla considerazione anche dei costi di sistema (non solo di produzione);
f) ENI sottolinea i grandi avanzamenti tecnologici compiuti sul versante della fusione nucleare, il proprio impegno su questa nuova tecnologia in particolare in collaborazione con l’iniziativa Commonwealth Fusion System originata dal MIT di Boston, il significativo interesse da parte dei finanziatori privati (10 miliardi investiti dal 2021 ad oggi) e delle imprese, in particolare quelle italiane, rispetto al tradizionale impegno governativo, il grande ottimismo circa i tempi di sviluppo di questa (molto complicata) tecnologia, con la prima macchina a fusione di tipo industriale nei primi anni del 2030 (ma ancora nessuna stima dei costi di produzione e delle capacità di gestione di queste macchine);
In chiusura di incontro, un paio di notizie interessanti da Pichetto.
Il ddl-delega verrà portato presto in Parlamento, il ministro si sporge fino a ipotizzare “al rientro dalla pausa estiva” (rimaniamo quindi tutti in trepida attesa, ma il vero problema è quando sarà calendarizzata la discussione e soprattutto quanto durerà).
E a parte la mezza scivolata sulla dimensione di uno Small Modular Reactor da 300 MW (pari a “un container” – magari! – mentre in realtà sono almeno un centinaio di migliaia di metri cubi), finalmente Pichetto dà soddisfazione al moderatore e risponde al dilemma amletico circa i costi del nucleare.
Il ministro cita quanto dichiarato dal Ceo di un’azienda nucleare, disponibile a fornire 15 SMR da 300 MW a 30 miliardi di euro, quindi equivalente a 6 milioni di euro al MW, ossia pari al costo del fotovoltaico nel 2011. Ma, prosegue Pichetto, è assurdo contestare oggi un costo che non c’è, perché gli SMR non sono ancora disponibili.
Chiosa in conclusione il ministro: questo conto dovrà essere fatto fra alcuni anni, quando avremo gli SMR, e solo allora il loro costo di produzione dell’elettricità andrà comparato con quello delle rinnovabili, e si farà ciò che è più conveniente.
Purtroppo, non è così… semplicemente perché, se avessimo utilizzato lo stesso approccio nel 2011, non avremmo mai deciso di investire nelle rinnovabili (ancora oggi, 14 anni dopo, costano agli italiani oltre 10 miliardi di euro all’anno, e ancora per diversi anni…) perché a quel tempo le rinnovabili non erano competitive.
La decisione, specie nel settore energetico, è sempre politica, di strategia a lungo termine e non deve contemplare solo il costo di produzione (come dovremmo aver ben imparato dagli effetti della guerra russa in Ucraina).
Nota finale: purtroppo nessuno dei presenti menziona la necessità, o almeno l’opportunità, di istituire una sorta di “cabina di regia nazionale” per un tema, anzi un sistema, così complesso e articolato come il nucleare, che coinvolge aspetti non solo squisitamente tecnologici ma pure economico-finanziari, industriali, normativi, geopolitici, strategici. Non è cosa che possa essere lasciata nelle mani di un solo ministro o di una forza politica per farne bandiera. Bene ha fatto il presidente di AIN a citare questo aspetto qualche giorno fa sul Sussidiario.
Più l’avventura è complessa, più è vitale partire col piede giusto e con l’equipaggiamento completo. Per evitare di dover tornare al campo base presto o, peggio, essere costretti ad abbandonare il viaggio. A questo punto ritorno in spiaggia.
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