La ripartenza dopo le vacanze estive per i sindacati non può che passare dal tentativo di un accordo nell'interesse dei lavoratori
In questi giorni una federazione sindacale mi ha chiesto alcuni consigli per predisporre uno stand per una manifestazione sull’orientamento scolastico che si terrà in autunno, in vista delle opzioni che le famiglie dovranno adottare per aiutare i propri ragazzi nella scelta dei percorsi scolastici da intraprendere.
E nel formulare alcuni pareri circa le modalità di dialoghi, incontri con i ragazzi e i genitori, l’invito a esperti per offrire informazioni e consigli, ho riflettuto su quanto visto e percepito a Rimini durante il Meeting sui temi del lavoro, in vista della ripresa dopo la pausa post-feriale in cui le locomotive d’Italia si stanno rimettendo in moto per trascinare i diversi convogli. La metafora permette di spiegare che settembre rappresenta sempre l’apertura reale dell’anno, ben oltre il calendario formale e fiscale.
Legge di bilancio 2026, scelte sul welfare (sempre più ristrette, per vincoli economico-finanziari), questioni internazionali che tendono ad aggravarsi, istituzioni più deboli (generalmente parlando), vicende industriali che ritornano sui tavoli ministeriali abbandonati nei primi giorni di agosto, alcuni grandi contratti di lavoro rinnovati, altri fermi al palo per scogli politico-sindacali…

Sono molti i vagoni in movimento agganciati in questi convogli su cui ciascuno di noi viaggia, hanno nomi e cognomi noti e altri meno noti o inediti, come il caso dei dazi imposti dagli Usa al mondo intero e che per la manifattura italiana rappresentano una tassa del 15% su prodotti importanti, in settori dove sono centinaia di migliaia le persone impiegate a vario titolo.
Si tenga conto altresì non solo delle filiere industriali e dei servizi, ma anche dei costi indiretti che i dazi trascinano anche su segmenti non direttamente colpiti da questi fardelli imposti nel nuovo (dis)ordine del commercio mondiale.
Per l’Italia manifatturiera e dei servizi (turismo e beni culturali in primis), il lavoro rappresenta la vera fonte di ricchezza, l’unica leva da utilizzare nei processi di trasformazione che rappresentano l’ossatura del Paese; la tecnologia, inoltre, sta rendendo obsolete molte professioni manuali e intellettuali (le traduzioni, ad esempio). Che fare, si domandano le istanze sociali, industriali, sindacali, economiche e politiche che hanno a cuore le sorti del Paese?
Come affrontare il 2026 e anni a seguire, fuori da congiunture elettorali e dispute ideologiche e di potere? Come invertire il trend indotto dall’inverno demografico in cui siamo immersi? Come innalzare ed educare il desiderio e la voglia di misurarsi in nuove soglie di conoscenze e capacità da parte delle giovani generazioni?
Di fronte al permanere di gravi e storici squilibri, di fronte a fatti nuovi che provocano incertezze diffuse e preoccupazioni economiche e sociali rilevanti, come reagire? Come collaborare assumendosi le proprie responsabilità nella rappresentanza, in quanto partecipi (in qualche modo) nei processi decisionali del Paese?
Al Meeting di Rimini una gentile e affabile signora, Daniela Fumarola, eletta leader della Cisl pochi mesi orsono, ha indicato in maniera sobria e pacata non solo le priorità da risolvere ma anche un metodo per la strada da intraprendere, senza venir meno al proprio ruolo sindacale, ovvero che se si debbono battere i pugni sul tavolo (il conflitto) lo si deve fare senza pregiudizi, ma solo come ultima spiaggia, quando non si hanno più risorse da mettere in campo.
Un sindacato, quindi, che non rinuncia al proprio ruolo ma che indica la necessità che, per uscire dalle secche in cui il Paese è immerso, serve un grande patto sociale tra i diversi soggetti, in cui ciascuno (Governo e parti sociali) si deve assumere la responsabilità di convergere su temi, obiettivi e programmi da condividere, indicando anche i propri virtuosi comportamenti.
E qui la Cisl ha indicato, nel rivendicare le necessità della propria rappresentanza, le strade da percorrere sia sui temi “caldi” del welfare (a partire dalle pensioni) che sulle strade per innalzare le competenze professionali indotte dalle trasformazioni tecnologiche e organizzative, sulle riorganizzazioni industriali a partire dalla ex Ilva di Taranto (peraltro patria della Fumarola stessa e quindi vicenda che conosce molto bene),
sul rinnovo dei contratti dell’area pubblica e privata, accanto agli sgravi fiscali per gli incrementi retributivi aziendali e collegati alla crescita della produttività (maggiorazioni per turni e straordinari, premi variabili), unica risposta alla grave emergenza salariale aggravata dai processi inflazionistici e da aumenti dei prezzi di prodotti, alcuni dei quali ingiustificati e indotti da spinte speculative.
Una strada non facile, su cui anche le organizzazioni dei datori di lavoro devono far sapere la loro opinione: infatti, si ha la percezione che in realtà ciascuno pensi di farcela da solo, senza accordi e compromessi, in attesa di chissà cosa. E il chissà cosa non potrà che essere la scelta tra sedersi a un tavolo per costruire (magari con mattoni nuovi) o se percorrere i deserti delle strade già viste ovvero l’inizio del rollio dei tamburi per uno sciopero generale da realizzare a fine novembre da parte di altri sindacati diversi dalla Cisl.
Piazze piene e aziende che invece marciano con pochissime defezioni, un Paese che viaggia attraverso racconti mediatici, con la semplicistica spiegazione che il Paese è diviso tra destra e sinistra. Ma quando mai le cose sono state così semplici da spiegare?
Lo sciopero è strumento troppo importante per la libertà dei singoli cittadini per essere abusato in questo modo (a parere di chi scrive). E forse è venuto il tempo delle responsabilità più che delle proteste, utili solo per parti politiche che si preparano alle diverse scadenze elettorali.
Certo, la Cisl da sola non andrà da nessuna parte, gli accordi non si fanno da soli di fronte a uno specchio! Occorre la disponibilità di tutti i soggetti o per lo meno di chi ci sta e in questo senso occorrerà che si costruiscano relazioni e consensi anche con le altre organizzazioni sindacali, comprese quelle cosiddette autonome, oltre alle diverse associazioni delle imprese, anch’esse non poche (industria, cooperative, commercio, agricoltura, esercenti e grande distribuzione, oltre ad altre minori).
Nel fronte confederale tradizionale qualche segnale di distensione tra Cisl, Cgil e Uil si è visto durante l’estate, ma forse poca cosa rispetto alle necessità, poi vedremo alle prime avvisaglie negli incontri con il Governo.
Ecco perché, riflettendo su come aiutare la costruzione dello stand sull’orientamento scolastico di cui all’inizio di questo scritto, mi sono accorto che, facendosi breve il tempo, occorre impiegarlo per qualcosa di positivo, scoprendo le cose belle da proporre e da sviluppare, come strada utile e buona per questo nostro Paese. E questo comporta la fatica della costruzione, ma, come in un cantiere che si rispetti, se ciascuno fa la propria parte, mattone su mattone viene su la grande casa… A ognuno, quindi, il suo lavoro (per dirla con Eliot).
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