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Home » OPIS » I NUMERI DELLA RICERCA/ Ecco l’indicatore per misurare se esiste un gender gap nelle aziende

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I NUMERI DELLA RICERCA/ Ecco l’indicatore per misurare se esiste un gender gap nelle aziende

Paolo Mariani, Mariangela Zenga
Pubblicato 5 Settembre 2025
Foto di ThisIsEngineering (Pexels)

Foto di ThisIsEngineering (Pexels)

Settore farmaceutico e chimico una ricerca di Bicocca e Ca’ Foscari mostra l’esistenza di un gender gap: ecco i numeri della presenza delle donne

La disparità di genere è un fenomeno complesso e si verifica quando uno dei due generi è sottorappresentato e potrebbe risultare svantaggiato nei diversi ambiti della vita pubblica o privata. Al contrario, la parità di genere implica che nella vita di tutti i giorni uomini e donne abbiano uguale accesso alle risorse, alle opportunità e ai diritti. La parità di genere è talmente importante da essere considerata una priorità politica sia a livello nazionale che a livello internazionale, tanto da figurare tra i 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite.


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Nell’ambito lavorativo la parità di genere implica che siano riconosciute le competenze e i percorsi di carriera con equa retribuzione a uomini e donne. In Italia sono state approvate 2 leggi che regolamentano le differenze di genere nelle aziende.

La prima legge, la legge Golfo-Mosca del 2011, ha introdotto le quote minime di genere nei consigli di amministrazione delle società quotate e delle controllate pubbliche. L’applicazione della legge ha avuto come effetto che la presenza femminile nei CDA è passata da meno del 10% nel 2011 a oltre il 40% nel 2023. La seconda legge, la legge 162/2021, ha introdotto per le aziende la certificazione per la parità di genere, con tale certificazione le aziende possono beneficiare di sgravi contributivi, di punteggi premiali negli appalti pubblici e di incentivi fiscali.


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E’ quindi certo che negli ultimi anni la parità di genere ha assunto un importante ruolo in diversi settori economici, anche nel settore delle scienze della vita.

Questo settore, che comprende i comparti farmaceutico, chimico e i servizi ad essi correlati, ha coinvolto nel 2022 complessivamente 1,81 milioni di dipendenti, generando un valore della produzione pari a 273 miliardi di Euro, equivalente al 10,1% del PIL italiano, con oltre 6000 imprese attive che hanno destinato 6,1 miliardi di Euro alla ricerca di base e 10,5 miliardi di Euro alla ricerca applicata.

Le donne che lavorano in questo settore costituiscono una quota superiore al 40% dell’organico delle aziende farmaceutiche e di dispositivi medici. Inoltre il 19% dei fondatori di start up in questo settore è rappresentato da donne (contro il 14% delle start up degli altri settori economici).


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Per capire meglio le dinamiche sulla parità di genere nel settore delle scienze della vita, nel 2023, è stata condotta una ricerca dalle università di Milano-Bicocca e Ca’ Foscari di Venezia, in collaborazione con HPS-AboutPharma e con il Gruppo intersettoriale dei Direttori del Personale (GIDP – HRDA). Lo scopo della ricerca era di indagare non solo l’entità della presenza femminile nelle aziende italiane e nei rispettivi CDA, ma anche le strategie e le pratiche adottate per promuovere l’inclusione sui luoghi di lavoro.

Gli autori della ricerca (L. Benedan, C. Colapinto, P. Mariani, L. Pagani e M. Zenga) hanno condotto un’indagine, somministrando questionari online alle aziende del settore. Le informazioni ottenute dall’analisi dei questionari sono state in un secondo tempo integrate da altre informazioni provenienti dalla banca dati AIDA (che contiene i bilanci delle società di capitali italiane) e dai siti web aziendali.

Al questionario hanno risposte 55 aziende, nelle quali il 54% dei dipendenti è rappresentato da donne, tuttavia, solo il 29% delle posizioni nei consigli di amministrazione è occupato da donne, mentre la carica di amministratore delegato è ricoperta da una figura femminile nel 21% dei casi.

Le aree aziendali in cui le donne sono maggiormente presenti sono quelle delle risorse umane, della ricerca & sviluppo e della comunicazione. Al contrario, risultano ancora poco rappresentate nei comparti di produzione, direzione commerciale e, soprattutto, nei ruoli esecutivi con maggiore potere decisionale. In totale, la percentuale di donne presenti nella prima linea manageriale è pari al 47%.

Rispetto alle politiche per la conciliazione tra vita professionale e privata, l’88% delle aziende adotta tali politiche, con particolare attenzione rivolta agli orari flessibili (75% delle aziende), allo smart working (74% delle aziende, già implementato dal 49% prima dell’epidemia Covid-19) e al lavoro part-time (51% delle aziende).

Per quanto riguarda le politiche a supporto della genitorialità, il 31% delle aziende estende i congedi di paternità superiori a quelli previsti dal CCNL, mentre il 16% implementa programmi di affiancamento durante il congedo di maternità e offre servizi di asili nido interni o convenzionati.

Solo il 13% delle aziende offre programmi formativi specifici per le donne o fornisce la figura del consigliere di fiducia, un consulente legale incaricato di proteggere da ogni forma di discriminazione, in particolare per quanto concerne le molestie o il mobbing. In relazione allo spazio di miglioramento all’interno dell’azienda, i risultati evidenziano che il 16% delle aziende coinvolte ritiene di aver già raggiunto un elevato livello di parità di genere e di non necessitare di ulteriori miglioramenti.

Al contrario, l’11% delle aziende sta attivamente lavorando per ottenere la certificazione per la parità di genere. Il 4% delle aziende ha l’intenzione di mantenere e implementare politiche volte a promuovere la parità di genere, e ritiene cruciale investire nella formazione su questo tema.

Accanto a queste indicazioni, la ricerca è proseguita fino alla creazione del Women in Life Sciences Indicator (WLSI), un indicatore che serve a misurare la propensione delle aziende a promuovere l’inclusione femmine. Il WLSI è composto da tre dimensioni: le azioni concrete messe in atto dall’azienda, i dati economici e strutturali dell’azienda, e il livello di consapevolezza e attenzione comunicativa riscontrabile attraverso il sito web aziendale. Ciascuna azienda ha quindi ricevuto un punteggio numerico di WLSI che riflette l’impegno complessivo dell’azienda verso la parità di genere e la sensibilità verso politiche inclusive: un punteggio elevato implica che l’azienda abbia dedicato una grande attenzione a queste tematiche.

La Figura 1 riporta i valori medi del WLSI rispetto ad alcune caratteristiche delle aziende.  In relazione alla dimensione aziendale, il WLSI (figura (a)) mostra che le imprese di maggiori dimensioni ottengono in media punteggi più alti, mentre quelle con un numero ridotto di dipendenti registrano valori più bassi.

Anche la presenza femminile nelle posizioni manageriali risulta collegata al valore del WLSI (figura (b)): all’aumentare del numero di ruoli direttivi occupati da donne, cresce il valore medio dell’indicatore, pur con alcune oscillazioni.

Un altro elemento che incide sul WLSI è l’appartenenza dell’azienda a gruppi italiani o esteri (figura (c)): in generale, le multinazionali presentano valori medi più elevati, soprattutto quelle inserite in gruppi italiani. Le realtà internazionali mostrano infatti un WLSI medio superiore quando appartengono a gruppi italiani rispetto a quelli esteri. Le aziende esclusivamente nazionali, invece, riportano i valori più bassi in tutte le categorie.

L’analisi condotta ha messo in luce come la parità di genere rappresenti un tema centrale nel mondo del lavoro italiano. L’introduzione dell’indicatore Women in Life Sciences Indicator (WLSI) per il settore delle scienze della vita ha permesso di misurare la propensione delle aziende a promuovere l’inclusione femminile. La metodologia adottata, pur essendo stata sviluppata per questo settore specifico, potrebbe essere applicata anche ad altri settori economici.

Figura 1: Valori di WLSI rispetto ad alcune caratteristiche aziendali.

 

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