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Home » Economia e Finanza » Economia Internazionale » NUOVI DAZI USA/ Farmaceutica e mobili, quanto ci costano le nuove tariffe di Trump

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NUOVI DAZI USA/ Farmaceutica e mobili, quanto ci costano le nuove tariffe di Trump

Stefano Cingolani
Pubblicato 28 Settembre 2025
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (Ansa)

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (Ansa)

A quanto pare la guerra commerciale tra Usa e Ue potrebbe riaccendersi visti gli annunci a sorpresa e poco chiari di Trump sui dazi

Chi si era illuso che la giostra dei dazi si fosse fermata, dovrà ricredersi: da mercoledì prossimo scattano altre tariffe, addirittura del 100% sui farmaci, 50% sui mobili e il 25% sui camion pesanti. L’annuncio è arrivato via Truth; non c’è più bisogno nemmeno di sceneggiate in diretta televisiva e di cartelloni colorati. Donald Trump ha cambiato di nuovo idea oppure sta utilizzando la tortura della goccia cinese?


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Per quel che riguarda le medicine sarebbero esentate quelle generiche (che rappresentano il 95% delle importazioni americane e vengono prodotte in gran parte in India) e le aziende che producono negli Stati Uniti. Nel mobilio Trump se l’è presa con armadi, arredi da cucina, poltrone e sofà; Cina e Vietnam saranno i Paesi più colpiti, ma l’Italia non sfugge.


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Non ci sono ancora dettagli, per il momento non si conoscono altre esenzioni, nemmeno geografiche. Quindi sarebbe colpita anche l’Unione Europea che già si stava adagiando sul male minore: una tassa del 15% uguale per tutti, un’uguaglianza solo formale, perché la distribuzione dell’impatto sarà eterogenea tra i settori, dipende dalla struttura dei costi, dal posizionamento nei segmenti e dalla capacità di trasferire parzialmente l’onere nei listini o di aprire fabbriche negli Stati Uniti.

Lo hanno fatto ad esempio imprese farmaceutiche italiane come Angelini, che ha uno stabilimento ad Albany in Georgia, Alfasigma, a Shreveport in Louisiana, Valpharma, da poco sbarcata a New York. In teoria, dovrebbero cavarsela. Tuttavia, aprire un impianto richiede anni e anche chi volesse farlo dovrà subire nel frattempo la mazzata dei dazi.


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Foto da Pexels

La parola d’ordine è calma e gesso, nervi saldi, niente allarmi. La Commissione europea ricorda che l’intesa firmata il 21 agosto scrive nero su bianco: “Gli Stati Uniti intendono garantire che l’aliquota tariffaria sui prodotti farmaceutici, i semiconduttori e il legname non superi il 15%”. Ma forse Trump non ha letto la sezione 232, anzi nemmeno tutto il documento, in ogni caso pensa di fare come più gli piace.

Il contestato accordo è già di per sé pesante. Unimpresa ha calcolato un onere attorno agli 8 miliardi di euro su un export totale che va dai 66 ai 70 miliardi l’anno. I comparti più esposti in termini assoluti restano la meccanica strumentale e i macchinari industriali (fino a 2 miliardi di dazi potenziali), seguiti da chimica e farmaceutica (1,7 miliardi), moda e pelletteria, agroalimentare, mezzi di trasporto e beni di consumo ad alto valore come occhialeria, arredo e gioielleria.

Il settore farmaceutico esporta 11 miliardi di euro. I farmaci maggiormente prescritti negli Stati Uniti sono l’atorvastatina, per il colesterolo alto; l’amlodipina, per la pressione alta e i problemi cardiaci; la levotiroxina, per problemi alla tiroide; il lisinopril, per la pressione alta e i problemi cardiaci; il losartan, per la pressione alta; la rosuvastatina, per il colesterolo alto; il metoprololo, per la pressione alta e i problemi cardiaci; la metformina, per il diabete; il gabapentin, per convulsioni e dolore ai nervi; e il pantoprazolo, per i problemi gastrici.

Le categorie più rilevanti comprendono i medicinali confezionati per la vendita al dettaglio, ovvero farmaci pronti all’uso destinati direttamente ai consumatori (da soli rappresentano circa 5,27 miliardi di dollari). A seguire, prodotti biologici come sangue umano o animale, antisièri, vaccini, tossine e colture, fondamentali per trattamenti terapeutici e misure preventive, con un valore di export pari a circa 2,94 miliardi di dollari. Infine, vengono venduti negli Usa anche prodotti farmaceutici specializzati per un valore di 162,48 milioni di dollari.

L’Italia è riuscita a raggiungere una posizione importante nella filiera farmaceutica globale. Guida la classifica la Menarini di Firenze, specializzata nei comparti cardiovascolari e oncologici.

Tra i protagonisti Chiesi Farmaceutici, con sede a Parma (trattamenti per malattie respiratorie e rare), Angelini Pharma (gestione del dolore e salute mentale), Recordati e Dompé Farmaceutici si concentrano rispettivamente sulle malattie rare e sull’oftalmologia, mentre Alfasigma (Bologna) e Zambon (Milano) forniscono soluzioni per la gastroenterologia e la salute respiratoria. Kedrion Biopharma, con sede a Lucca, esporta terapie derivate dal plasma fondamentali per il mercato americano.

Anche l’eventuale aumento dal 15% al 50% per mobili e arredo sarà duro da digerire in un settore che attraversa una fase di stasi congiunturale. L’Italia ha esportato in America 2 miliardi di dollari sia nel 2023 che nel 2024. Ma forse ancor più del calcolo aritmetico conta l’impatto psicologico.

L’incertezza e l’arbitrarietà delle scelte trumpiane pesano in modo determinante. Anche chi ritiene di avere un ombrello per proteggersi non si rende conto che il passaggio, per di più in questi modi bruschi e autoritari, da un sostanziale libero scambio a un protezionismo sempre più esteso provoca una reazione a catena che colpisce l’intero commercio internazionale e di qui l’insieme dell’economia che si regge sugli scambi di merci, servizi, lavoro e intelligenza.

Ecco perché il meno peggio è nemico del bene (parafrasando il vecchio detto) e chi ha divulgato in Europa il mantra della Realpolitik dopo l’accordo di agosto ha finto di non capire che la guerra commerciale è tutt’altro che terminata.

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Tags: DaziDonald Trump

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