Don Patriciello racconta al Corriere le minacce ricevute nella giornata di ieri: il modello Caivano, secondo il parroco, sta dando i suoi frutti
Dopo l’intimidazione di ieri da parte del cognato di un boss camorrista, Don Patriciello non è intenzionato ad arretrare di un millimetro nella sua missione di diffondere – attraverso la parola del Signore – la legalità nel difficile quartiere di Caivano, al centro di una profonda riqualificazione da parte quella autorità che secondo il parroco sta già dando i primi positivi frutti; tuttavia non ancora sufficienti per restituire il sorriso ai tantissimi residenti onesti, come dimostrano – tra le altre – le stese dei giorni scorsi alle quali ha assistito lo stesso Don Patriciello.
Partendo da quanto accaduto ieri, Don Patriciello racconta che durante il momento dell’eucarestia “c’era quest’uomo che conosco benissimo” che dopo aver preso l’ostia ed essersi allontanato, “è tornato e mi ha dato (..) un pacchetto“: pur curioso, in quel momento il parroco non è riuscito ad aprirlo e – racconta al Corriere – l’ha passato a “una giornalista venuta per intervistarmi” e sarebbe stata proprio lei a far scattare l’allarme e a permettere il fermo di quell’uomo; mentre il quel momento – dopo aver capito cosa stava succedendo – il parroco sostiene di aver avuto innanzitutto paura per i “tanti (..) bambini” presenti alla messa.
Don Patriciello: “Ai camorristi dico di fermarsi, non faranno una fine migliore di chi li ha preceduti”
Lasciando da parte l’intimidazione ricevuta, Don Patriciello ritiene che le stese dei giorni scorsi altro non siano se non un modo per la Camorra per “farsi sentire”, in una sorta di protesta per il “durissimo colpo” ricevuto negli “ultimi mesi [da] da Carabinieri e Polizia che non si sono fermati un solo istante”: proprio nell’area del Parco Verde, infatti, il parroco sostiene che “il commercio della (..) droga è diminuito” parecchio e buona parte dei “capi clan [sono] in carcere”.

Riflettendo sul contesto di illegalità che lo circonda, Don Patriciello ricorda al Corriere che “io benedico tutti”, anche i camorristi e chi si illude di poter “vivere a sbafo” a discapito della “povera gente”: l’invito per queste persone è sempre lo stesso, ovvero a “fermarci” e cercare di “godersi la gioventù” e il “dono della vita”; smettendo di illudersi di poter fare una fine diversa rispetto a “chi [li] ha preceduti” e – soprattutto – smettendo di trasmettere quella tristissima “paura negli occhi di bambini e anziani”.
