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Home » Esteri » Medio Oriente » FLOTILLA NELLA ZONA ROSSA/ Il paradosso di diventare “martiri” e non aiutare nessuno

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FLOTILLA NELLA ZONA ROSSA/ Il paradosso di diventare “martiri” e non aiutare nessuno

Marco Zacchera
Pubblicato 1 Ottobre 2025
Flotilla

Natanti della Global Sumud Flotilla ormeggiati in Tunisia (Ansa)

La Global Sumud Flotilla non vuole fermarsi e sfida Israele. Una missione umanitaria che per fare politica non ha accettato alcuna mediazione politica

Il problema è come diventare martiri possibilmente senza farsi male. È diventato questo, in realtà, il vero obiettivo di buona parte degli equipaggi della Global Sumud Flotilla che da settimane naviga nel Mediterraneo più o meno verso Gaza e che è giunta al limite dell’area del blocco navale.

Ovviamente la questione non ha più alcun carattere umanitario, ma è diventata tutta politica, esattamente come già si sapeva alla partenza e si è quindi trasformata in un braccio di ferro, una sfida, una provocazione non solo verso Israele, ma soprattutto verso i vari governi che in ogni modo hanno invitato i naviganti a fermarsi.


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In Italia ci hanno provato la Meloni, Mattarella, Crosetto: addirittura due navi della nostra marina militare le fregate Fasan e Alpino, hanno scortato e scortano le barche della flotta, ma ovviamente si fermeranno ai limiti della zona rossa, perché nessuna persona seria vuole prendersi a cannonate con gli israeliani.


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Lo vogliono sicuramente (“ma senza farsi male”) i più duri e puri degli argonauti che, visto il tempo ormai passato in mare tra brevi navigazioni e lunghe soste, non hanno evidentemente molte altre cose da fare.

Il risultato è che una iniziativa sacrosanta, come sollevare l’attenzione del mondo per quello che sta succedendo a Gaza, e nobile – se si volessero davvero portare aiuti umanitari ad una popolazione stremata che ne ha estremo bisogno – si è appunto trasformata in un braccio di ferro che rischia di finir male se verrà meno un po’ di buonsenso.

Viste però certe dichiarazioni – come quella della portavoce italiana della flotta, Maria Elena Delia, che, davanti alle telecamere e in attesa di conferire con la Schlein, è apparsa piuttosto esagitata – ci sono poche speranze di accettare lo stop, perché i naviganti a questo punto non possono tirarsi indietro, altrimenti rischiano di perdere la faccia. È la posizione ad esempio di Tony La Piccirella, che da Israele è già stato espulso anni fa e che attacca la Meloni sostenendo sia “scorretto” che le navi militari italiane non scortino la Flotilla fino a Gaza.


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Global Sumud Flotilla
Una donna sventola una bandiera palestinese a sostegno della Global Sumud Flotilla nel porto di Sidi Bou Said, Tunisia (Foto 2025 Ansa EPA/MOHAMED MESSARA)

Eppure una soluzione di buonsenso c’era ed era quella sottolineata un po’ da tutti, ovvero di portare gli aiuti fino a Cipro e da lì trasportarli a Gaza in modo sicuro, con l’assenso israeliano e il tramite del Patriarcato Latino di Gerusalemme, ma non se ne è voluto fare nulla.

Certo ben maggiori e reali aiuti umanitari potevano essere raccolti e trasferiti in questo modo, ma – visto che ormai è tutta una questione di immagine – è evidente come gli scopi dichiarati della navigazione siano tutt’altri.

I centri sociali hanno minacciato sfracelli, La7 addirittura diffonde la mattina le previsioni del tempo dell’area dove passerà la flotta: lo show è in scena e attira “audience”, insidiando perfino il delitto di Garlasco, e ne vedremo l’epilogo, che speriamo non sia tragico.

Certo in questo mese di navigazione “umanitaria” ci sono stati molti misteri: per esempio sempre la Delia ha insistito come le barche siano state “bombardate per ore” da droni che non si sa da dove venissero e da chi comandati, prima in Tunisia poi in Grecia.

Politicamente l’iniziativa sta ora dividendo anche la sinistra, perché – finito il repertorio di accuse alla Meloni di insensibilità e connivenza con Netanyahu – le parole di Mattarella hanno preso in contropiede prima di tutti la Schlein, che aveva sostenuto l’iniziativa, ma ora è in evidente difficoltà a sconfessare il Presidente, anche perché si ritrova a bordo (non si sa se tra gli irriducibili o meno) pure alcuni esponenti e parlamentari del suo partito.

La Schlein rischia anche di essere superata a sinistra: oltre i Cobas, l’assemblea generale della Cgil martedì sera ha dato mandato alla segreteria di “proclamare lo sciopero generale tempestivo per tutte le categorie in caso di attacchi, blocchi o sequestri delle imbarcazioni e materiali della missione”.

Si agita anche Conte: dopo uno slalom di dichiarazioni un po’ contraddittorie il leader del Movimento 5 Stelle ha espresso il suo sostegno incondizionato alla Global Flotilla, affermando di rispettare la decisione di navigare verso Gaza “In acque territoriali che sono palestinesi e non israeliane”; il che, dal punto di vista diplomatico, è perlomeno un elemento fantasioso.

Peccato che questa iniziativa – di cui era già dall’inizio evidente il fine mediatico – porti appunto a distogliere l’attenzione per la drammatica situazione di Gaza, dove si continua a morire e dove non arrivano aiuti sufficienti. Tra l’altro il nuovo rischio è che se Hamas – come probabile – non accetterà i 20 punti proposti di Trump per una tregua, sarà facile per Netanyahu sentirsi autorizzato “a finire il lavoro”, eufemismo che preannuncia il rischio di nuovi massacri.

([email protected])

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