Una ricerca dell’ISTAT dice che nei luoghi in cui sono cresciuti i servizi educativi sono aumentate dell’8,6% le nascite
I numeri sono quelli dell’ISTAT, pubblicati in un working paper che si occupa dei servizi educativi per la prima infanzia: dove ci sono più asili nido ci sono più figli, infatti nei luoghi in cui si è verificata una crescita in questo settore sono aumentate anche le nascite (più 8,6%).
La cura, spiega Giancarlo Blangiardo, già presidente dell’ISTAT, docente emerito di demografia all’Università di Milano-Bicocca e attualmente sindaco del Comune di Meina (Novara), è in effetti un settore importante se si vuole dare un segnale positivo alle coppie che intendono avere dei bambini.
Lo dimostrano i sostegni che il governo riconosce alle famiglie i cui figli fino ai 36 mesi frequentano delle strutture per l’infanzia. Anche questa è una misura che funziona e che fa capire quale deve essere la strada per incentivare le nascite.
È necessaria un’operazione anche culturale che doti le città e i comuni di spazi gioco e di iniziative che vengano incontro alle necessità dei nuclei familiari quando le strutture scolastiche non sono aperte. È un segnale che i giovani che vogliono diventare genitori recepiscono subito.
Dove ci sono più servizi per l’infanzia aumentano anche i figli: per invertire i numeri del calo di natalità bisogna cominciare a realizzare più strutture che rispondano ai bisogni delle famiglie?
Gli interventi sul fronte della natalità non possono riguardare esclusivamente un ambito, occorre agire su più fronti, promuovendo iniziative in campi diversi, capaci però di interagire tra loro. Bisogna tenere come punto di riferimento le famose 4C, il costo, la cura, la conciliazione e la cultura.
La cura è un settore nel quale è estremamente importante riuscire ad operare, perché qui sta uno dei motivi che impediscono alle famiglie, alle coppie, di avere i figli che peraltro spesso vorrebbero. Lo studio dell’ISTAT mette in evidenza, credo in maniera abbastanza chiara e oggettiva, che non c’è un intervento miracoloso, naturalmente, ma un effetto positivo che deriva dalla capacità di creare le condizioni perché le coppie che intendono fare figli possano disporre di strutture per la loro cura.
Quanto è importante questo aspetto per una famiglia?
È un elemento estremamente importante: spesso se non ci sono i nonni a cui affidare i bambini le famiglie vanno in difficoltà. Che gli interventi di cui si occupa la ricerca funzionino è confortante, ed è un messaggio che ci dice che questo è un fronte su cui si può agire. Peraltro qualcosa si sta già facendo.
Cosa?
Come sindaco del Comune di Meina ho ricevuto dei fondi per intervenire sul fronte dell’asilo. Tant’è che abbiamo fatto una specie di bando in cui si dice che chi ha speso dei soldi per mandare i bambini fino alla soglia della scuola dell’infanzia, quindi fino a 36 mesi, può ottenere un rimborso, nell’ambito di una somma che il Ministero ci ha reso disponibile. Un rimborso quasi totale, che funziona anche se si tratta di strutture private, senza distinzioni: un intervento che è stato molto apprezzato dalla popolazione.
Si sono già visti effetti positivi?

Non so se sia un caso, ma quest’anno la natalità nel Comune di Meina, che stava calando paurosamente, è un pochino più alta rispetto a prima. Credo che questo studio, che si basa ovviamente su considerazioni più scientifiche, fornisca elementi di conforto per dire che questa è una leva su cui si può agire.
Nella ricerca non si parla solamente di asili nido, ma anche di spazi giochi per i bambini. C’è la necessità, più in generale, di organizzare la vita delle nostre città tenendo conto delle esigenze delle famiglie?
Se ci guardiamo intorno vediamo soprattutto persone anziane, di bambini se ne trovano davvero pochi. Per questo stiamo creando spazi legittimamente più orientati a persone che invecchiano, piuttosto che alle nuove generazioni che vanno formandosi.
Dobbiamo recuperare questa apertura nei riguardi dei bambini anche come atteggiamento culturale, pensando alle nuove generazioni e creando strutture per la cura e altre per il divertimento, come i parchi-gioco, tutto ciò che può dare a chi deve decidere se fare un figlio la sensazione che non sarà da solo nel provvedere a quelli che sono i bisogni dei bambini, facendo capire che c’è una società disponibile a farsene carico, perché è un investimento nel capitale umano.
Precedendo su questa strada come può cambiare l’organizzazione delle nostre società in termini di orari e di spostamenti?
La prima delle 4 C a cui dobbiamo fare attenzione è quella del costo: i bambini costano in termini di soldi, ma anche in termini di tempo e di organizzazione. Riuscire a ridurre l’aspetto dei costi relativo al tempo che “si perde” dietro ai figli è importante.
Ci sono aspetti organizzativi che sono difficili da conciliare, penso ad esempio a dove lasciare i figli quando finiscono le scuole o quando ci sono le vacanze di Natale. Se i genitori lavorano e non ci sono i nonni diventa un problema. La scuola, l’asilo, sono “parcheggi formativi”, luoghi che danno sicurezza perché le famiglie sanno che i figli sono seguiti e imparano, lasciando ai genitori la possibilità di organizzare i loro impegni in altro modo.
Un tema che coinvolge il lavoro e quindi anche le aziende?
Quando c’è uno sciopero o ci sono le vacanze ci sarebbe bisogno di strutture alternative o di maggiore flessibilità sul posto di lavoro. C’è bisogno, quindi, di iniziative da parte degli stessi imprenditori. La banca del tempo all’interno dell’azienda è un modo per venire incontro a queste esigenze, oggi c’è anche la possibilità del lavoro a distanza.
Occorre trovare modalità per affrontare questi problemi riducendone la portata anche attraverso l’utilizzo delle moderne tecnologie. Se creiamo condizioni che vanno incontro ai bisogni della gente, il desiderio di maternità, di genitorialità, probabilmente si può realizzare di più.
Il messaggio di questa ricerca ISTAT è di investire sui servizi educativi? È questa la strada prendere contro il calo demografico?
Bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare: anche come sindaco devo dare atto, perché l’ho sperimentato, che c’è stato un orientamento in questo senso da parte del ministero della Famiglia. Pur nella scarsità delle risorse disponibili questo è un ambito in cui si è fatto qualcosa: bisogna continuare in questa direzione.
(Paolo Rossetti)
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