Alla Festa del Cinema di Roma è stato presentato il nuovo film di Paolo Virzì intitolato "Cinque secondi"
Per molti anni a Paolo Virzì è stata affidata la custodia dell’eredità della commedia italiana classica, quella dei Monicelli e dei Risi, degli Age e Scarpelli, di cui il livornese è stato in effetti allievo: raccontare vizi e distorsioni di un Paese, di chi lo abita e del modo in cui è gestito, attraverso la leggerezza o le risate amare.
Poi, a un certo punto, ha giustamente deciso che quell’eredità gli andava stretta e si è dedicato a opere più serie, anche tragiche, come Siccità o Il capitale umano (e in fondo anche il suo esordio, La bella vita, andava da quelle parti). Il suo nuovo film, Cinque secondi, presentato alla Festa del Cinema di Roma prima di approdare in sala il 30 ottobre, sembra voler mischiare entrambe le anime, come a volerle far specchiare l’una nell’altra.
Il film parte con Adriano (Valerio Mastandrea), che ha scelto di rifugiarsi in un casolare isolato in Toscana, senza vedere nessuno, isolandosi dal mondo per scontare un trauma del recente passato; mentre, poco per volta, si svela il segreto dell’uomo, appare un gruppo di ragazzi capeggiati da una giovane contessina incinta (Galatea Bellugi), che vuole rimettere a nuovo il terreno di fronte a lui per crearvi una comunità agricola, distruggendo il suo sogno di solitudine, ma donandogli una nuova vita.

Virzì, assieme al fratello Carlo – anche autore delle musiche – e al sodale Francesco Bruni, scrive un ibrido tra commedia di caratteri e dramma intimo e processuale che rappresenta un interessante cocktail di partenza: attraverso la scoperta di questa gioventù sociale e collettivista, così distante da lui (che, oltre a essere divenuto misantropo, è un avvocato di grido, uno squalo borghese ora trasformatosi in orso in letargo), Adriano tornerà a vivere, a occuparsi degli altri, sarà il padre che non è potuto essere, e lo sviluppo dell’intreccio ci spiegherà come e perché.
Queste due realtà narrative e drammaturgiche sono in continuo confronto tra loro, e sulla carta è una bella idea: diventa però controproducente se una non è all’altezza dell’altra. Laddove infatti il percorso giudiziario e personale di Adriano è toccante e compiuto – anche registicamente, con un bell’assolo di Mastandrea in tribunale – la favoletta agreste non ha alcun vero interesse cinematografico: è piena di stereotipi e cadute di gusto (il parto con il temporale), con personaggi scritti senza una vera voglia di raccontare i giovani, ma usandoli per “servire” l’adulto.
Cinque secondi, proprio per la sua natura di mélange, costruisce interesse e poi lo spreca nel giro di pochi istanti, dando l’idea non di aver intrecciato due mondi a confronto, ma di essere vittima di un conflitto tra film diversi, di cui uno bello e uno mica tanto.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
