A Trump non interessa il futuro dell’Ucraina ma fare affari con Putin. Forse anche il tunnel Alaska-Russia. Il vertice di Budapest sancirà questo legame
In Ucraina decideranno loro: Trump e Putin. E se pace sarà, avverrà alle condizioni dei russi, che stanno vincendo la guerra. Tanto più ora che gli americani hanno fatto capire che non forniranno i Tomahawk a Kiev. Il vertice in preparazione a Budapest, ospitati da Orbán, lo hanno deciso il presidente americano e russo, senza interpellare Zelensky, il quale, indebolito in patria, torna dal vertice con Trump alla Casa Bianca indebolito, senza missili e con la sensazione che dovrà trattare sulla base di condizioni stabilite da altri.
Dall’Ungheria, osserva Maurizio Boni, generale di Corpo d’Armata e opinionista di Analisi Difesa, potrebbero non arrivare novità sulla guerra in Ucraina, di sicuro, però, si rafforzeranno i canali di comunicazione fra USA e Russia, che stanno già pensando di far crescere le loro relazioni commerciali e di affari a partire da un possibile tunnel fra Alaska e Russia. È questo, infatti, quello che conta per Trump: il business, molto più del destino dell’Ucraina.
Trump annuncia un incontro con Putin e parla con Zelensky: sostiene che si potrebbe fare la pace anche in Ucraina. Come può sbloccare la situazione?
È stato concordato un incontro fra Trump e Putin a Budapest senza sentire il parere di nessuno, quindi è chiaro che il gioco lo conducono Stati Uniti e Russia. Credo che anche gli europei stiano cercando di capire che cosa abbiano in mente gli americani: nonostante Pete Hegseth (segretario della Difesa USA, ndr) alla riunione dei ministri della Difesa dei Paesi NATO abbia fatto la voce grossa dicendo che è tempo di tornare alla forza, quello che conta sono le relazioni bilaterali.
Mosca parla della realizzazione di un tunnel fra l’Alaska e la Russia e il consigliere del Cremlino Yury Ushakov dice che la pace in Ucraina aprirebbe enormi prospettive di cooperazione economica con gli Stati Uniti. Alla fine tutte le discussioni sui Tomahawk passano in secondo piano e contano gli affari?
Sui Tomahawk non c’è mai stata storia, la possibilità di usarli non verrà presa in considerazione. I russi sanno benissimo che a Trump interessa soprattutto il profilo commerciale degli accordi con loro: il presidente USA non sa di geopolitica, gliela spiegano ogni volta i suoi collaboratori. I russi lo hanno capito molto bene e lo assecondano proprio in relazione a ciò che gli interessa. Il tunnel con l’Alaska lo lascerebbero costruire addirittura agli americani: sarebbe una cooperazione di un elevatissimo contenuto simbolico e politico. A Trump, in realtà, non interessa niente del futuro dell’Ucraina, la sua è una logica molto semplice di tipo commerciale.
Il no alla fornitura dei Tomahawk si spiega in questo modo?
Il consigliere di Putin per la politica estera Dimitry Suslov, vice direttore del Centro di Studi Europei Internazionali presso la Scuola Superiore di Economia di Mosca, in un’intervista al Corriere della Sera, ha spiegato che i Tomahawk gli americani non li hanno dati mai a nessuno e che non c’è ragione perché comincino a farlo ora.
Quando il Financial Times ha parlato del supporto fornito dall’intelligence USA all’Ucraina per individuare obiettivi da colpire in Russia, Mosca ha chiesto spiegazioni, ma ha anche smorzato i toni, consapevole che gli statunitensi difficilmente avrebbero fornito i Tomahawk, per far funzionare i quali è necessario personale americano. Il loro utilizzo sarebbe un attacco dichiarato alla Russia. Qualcuno del Pentagono lo ha spiegato a Trump, al quale interessa molto quello che potrà fare con Putin una volta finita la guerra.
Come esce Zelensky dal vertice di Washington?

Non appariva molto felice. Anche perché il dissenso interno contro di lui è sempre più forte. Tanto è vero che ha appena destituito il sindaco di Odessa Hennadiy Trukhanov, togliendogli anche la cittadinanza, nonostante sia al suo terzo mandato e sia molto popolare. In vista delle elezioni sta eliminando politicamente tutti quelli che sono i suoi possibili avversari, come fece a suo tempo con Valerij Zaluzhny, tolto dal comando delle forze armate e mandato a Londra come ambasciatore.
A Odessa la popolazione non è affatto contenta di quello che è accaduto. Sono segnali chiari di una fine inevitabile dell’attuale Ucraina, mentre sul futuro del Paese non c’è ancora una singola idea.
Secondo il Washington Post, Putin avrebbe chiesto a Trump, nel corso della loro ultima telefonata, di fare pressioni sull’Ucraina affinché ceda il Donetsk a Mosca. Si può commentare?
È un altro segnale inequivocabile che le regole del gioco continuano a stabilirle Trump e Putin, e che gli europei come al solito non toccano palla.
Trump e Putin sono costretti ad uscire dal vertice di Budapest con qualche risultato? O possono limitarsi ancora ad un esito interlocutorio?
Dipende. Bisogna vedere di chi è stata l’iniziativa. Va comunque detto che l’incontro avviene in un Paese come l’Ungheria, che, pur essendo nella UE, ha sempre manifestato perplessità sull’attuale politica anti-russa di Bruxelles.
Trump ha ipotizzato una presenza di Zelensky anche se non per incontri diretti con Putin. L’arrivo del presidente ucraino, tuttavia, rimane alquanto improbabile. Cosa ci dobbiamo aspettare allora dall’incontro?
Zelensky farebbe comunque molto meglio a non accettare: la sua credibilità ne riceverebbe un colpo ancora più duro. I russi non molleranno di un centimetro su niente: stanno vincendo la guerra, quindi, se una pace ci sarà, sarà alle loro condizioni.
Al massimo potrebbero mollare su qualche garanzia di sicurezza per quello che rimarrà dell’Ucraina dopo il conflitto, su alcuni aspetti marginali che ogni buon negoziatore si tiene nella manica. Dall’incontro sostanzialmente c’è da aspettarsi un rafforzamento dei canali di comunicazione tra Mosca e Washington, che parleranno anche di Medio Oriente.
(Paolo Rossetti)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
