In tanti Paesi latinoamericani i narcos hanno più potere di quello ufficiale e non vengono sufficientemente contrastati
Mentre il Presidente statunitense Donald Trump dichiara chiuso lo spazio aereo venezuelano, facendo presagire un imminente sbarco annunciato ma mai realizzato da mesi, e il leader venezuelano Maduro, secondo notizie che circolano, sarebbe in procinto di rifugiarsi in Brasile, sua nuova meta dopo il Nicaragua e la Turchia che pare siano già state scartate, infuria la polemica sui motivi delle decisioni Usa, arrivando al punto che il triste mondo Radical-Chic ZTL ex sinistra sta ora difendendo quello che per tanti anni si è dimostrato un regime irrispettoso dei diritti umani.
Un regime che ha oltretutto portato uno dei Paesi più ricchi al mondo a una crisi abissale e che è stato tenuto in piedi nel corso degli anni seguiti alla morte del suo leader maximo (Chavez) non solo dall’appoggio esterno di Russia, Cina e Iran, ma anche da quello interno del narcotraffico, che in pratica ha da anni un potere che sorvola quello presidenziale.
Se ne è accorto Trump (un po’ in ritardo bisogna dire) e continuano a non vederlo molti poteri occidentali quando la questione è da anni alla luce del sole.
Ormai in alcune nazioni dove il populismo di “sinistra” continua a imperversare (anche se più passa il tempo, più si indebolisce) ci sono addirittura leader politici che difendono questo potere narco e non solo dichiarano che contro di esso non bisogna usare la violenza (come se questa non rientrasse nel modus operandi di bande criminali), ma sostengono addirittura che la loro attività fornisce occupazione alle classi più povere dei loro Paesi, considerandoli quasi delle Ong, come sostenuto sia dal Presidente colombiano Pedro che dalla messicana Sheinbaun ai quali bisogna aggiungere pure il brasiliano Lula.

Se è vero che in alcuni casi il narcotraffico (specie all’epoca del suo leader più famoso, il colombiano Pedro Escobar) sia penetrato nei quartieri più marginali delle megalopoli sudamericane, in pratica sostituendosi a uno Stato assente (pure sotto i Governi di personaggi falsi progressisti) c’è anche da ribadire come le aree “protette” siano nelle mani dei cartelli che detengono non solo un potere illimitato controllando zone vastissime di Paesi con i loro eserciti, ma addirittura costringendo le persone al voto per certi candidati (indovinate quali: non è difficile!) che poi rimangono legati mani e piedi a poteri che li dominano e contro i quali non possono praticamente fare nulla.
La penetrazione narco è ormai talmente profonda che anche alcuni mezzi di informazione la difendono, accusando vari Governi che intraprendono una lotta anche armata di usare la violenza e di essere quindi annoverati del termine “fascista”: passi anche questo, ma è veramente sconvolgente vedere bambini che vivono nelle squallide favelas (o villas miserias che dir si voglia) inneggiare al capo narco che protegge la loro famiglia e la mantiene (fintanto che, per esempio, il capo famiglia arrestato dalle autorità si mantiene “in silenzio”).
Queste sono le ragioni principali per le quali, come abbiamo descritto già in altri articoli, le elezioni presidenziali latinoamericane vedono ormai partiti o movimenti di una destra conservatrice o liberista vincere: un fenomeno che si sta impossessando del potere in maniera alquanto rapida e che, nelle sue relazioni internazionali, privilegia gli Usa spesso firmando accordi commerciali o, come in Venezuela, sostituendo Trump & Co. nello sfruttamento delle proprie ricchezze (vedi petrolio).
L’unica soluzione che permetterebbe di opporsi e cercare di sradicare un potere ormai così profondo sarebbe costituita da politiche di benessere sociale tese al miglioramento delle condizioni di vita: in pratica una lotta contro la povertà fatta non elargendo sussidi a destra e a manca, che alla fine provocano non solo crisi economiche negli Stati che li usano creando generazioni intere che non hanno mai conosciuto attività lavorative,
ma promuovendo lo sviluppo delle loro ricche nazioni con uno Stato veramente presente su tutto il territorio, ma anche in un’economia che, basata pure su di un liberismo (ma controllato per evitare eccessi che peggiorerebbero le varie situazioni sociali), tenda a far crescere il benessere abbandonando anche politiche di austerità che invece hanno provocato (specie nella vecchia e “desaparecida” Europa) la scomparsa di quel “bene comune” che dovrebbe essere alla base di una trasformazione veramente Repubblicana ancora assente in gran parte del Continente latinoamericano (e anche da noi).
Un fattore che pure l’Amministrazione statunitense dovrà tener presente, considerando il fatto che la mancata costruzione di quanto descritto potrebbe ritorcersi pure contro gli Usa (come già accaduto nei tristi anni ’70) con gli stessi disordini sociali che li hanno purtroppo storicamente segnati.
P.S.: La Russia dell'”amico” Putin ha aderito ai “cieli chiusi” sul Venezuela di Trump annullando i
voli. Ricordiamo che in tutti questi anni era l’alleato più potente di Maduro. Ora dovrebbe
risultare chiaro il gioco delle due superpotenze… e purtroppo tira una brutta aria per l’Ucraina.
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