Cos'è certificazione dei media e cosa prevede la proposta che Macron rilancia ogni anno. C'è chi ritiene metta in pericolo la libertà di stampa: ecco perché
COME FUNZIONEREBBE LA CERTIFICAZIONE DEI MEDIA
Un sistema di certificazione per distinguere i media professionali da fonti non affidabili: è ciò a cui aspira Emmanuel Macron, il cui progetto non è nuovo, ma ora è tornato d’attualità. Per il presidente francese può essere uno strumento valido contro le fake news, ma diversi esponenti politici e molti giornalisti riscontrano un possibile pericolo per la libertà di stampa, temendo che lo Stato possa finire per influenzare chi viene considerato «affidabile».
Infatti, quest’idea viene rilanciata periodicamente dal 2017 e ogni volta scoppiano polemiche politiche per un possibile controllo governativo sull’informazione. Anche se Macron non ha mai presentato un progetto di legge dettagliato, Le Figaro ha spiegato cosa prevede: l’idea è di introdurre una certificazione per media, siti web e piattaforme che rispettano le regole del giornalismo, ma anche di fare una distinzione tra piattaforme che «fanno soldi con la pubblicità personalizzata», come i social network, e quelle che «informano», come i media professionali.

Lo scopo è creare un sistema per certificare i media che rispettano la deontologia giornalistica e che rafforzi la lotta alle fake news. La proposta si ispira a progetti non statali che esistono già, come la Journalism Trust Initiative (JTI) di Reporters Sans Frontières (RSF), che definisce standard professionali e permette audit indipendenti dei media.
LE REAZIONI ALLA PROPOSTA DI MACRON
Ma la proposta resta comunque controversa, in primis per la paura di introdurre un controllo politico sui media: molti politici, sia di destra sia di sinistra, parlano addirittura di un rischio di lanciare una sorta di «ministero della Verità».
Tra gli esponenti più critici ci sono Marine Le Pen e Bruno Retailleau, secondo cui lo Stato in questo modo si arrogherebbe il diritto di stabilire quali media sono «buoni» e quali no, creando una sorta di gerarchia forzata tra informazioni «certificate» e non, ma soprattutto si indebolirebbe la libertà di espressione. Chi decide cosa è affidabile? Chi sceglie i criteri?
Macron comunque non molla la presa e, in Consiglio dei ministri, assicura che non aveva «mai» pensato di creare un «marchio di Stato» per i media, e «ancor meno un ministero della Verità». Basteranno queste parole a placare polemiche e timori?
