Il doppio aumento delle tasse (ai più poveri)

Una lettura attenta del comunicato del Consiglio dei Ministri fa sorgere due interrogativi di fondo riguardanti tasse e pressione fiscale. Ce li spiega GIUSEPPE PENNISI

Una lettura attenta del comunicato del Consiglio dei Ministri fa sorgere due interrogativi di fondo: a) la legge di stabilità quale varata dal Governo rende più pesante o più leggera la pressione fiscale sull’economia italiana? b) la rimodulazione delle aliquote dell’imposta dei redditi sulle persone fisiche e l’aumento dell’Iva di un punto percentuale avranno davvero effetti benefici per le fasce a reddito basso? Questi interrogativi – ci si augura – avranno una risposta esauriente nella “relazione tecnica” che accompagnerà il provvedimento quando arriverà all’attenzione delle Camere. Tanto più che sin dagli anni Ottanta, l’amministrazione pubblica dispone della strumentazione tecnica per effettuare i relativi calcoli e mostrarli in piena trasparenza.


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In effetti, quando la Prima repubblica era al crepuscolo, si usava dedicare a questi aspetti un capitolo della Relazione Previsionale e Programmatica; tale capitolo era spesso oggetto di un seminario che il Ministero organizzava mettendo a confronto tecnici della Pubblica amministrazione con economisti ed esponenti delle Parti sociali. Era una buona prassi che si è gradualmente persa durante la Seconda repubblica. Un Governo “tecnico” avrebbe fatto bene a ripristinarla.


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Tuttavia, come si diceva un tempo, non è mai troppo tardi. Il ministero dell’Economia e delle Finanze potrebbe organizzare il seminario in occasione dell’inizio della discussione parlamentare, utilizzando la “relazione tecnica” come documento di base. Il problema è che, pur senza fare ricorso a strumentazione tecnica troppo complicata, i primi calcoli economici sembrano suggerire un aumento complessivo della pressione fiscale e una distribuzione meno equa dell’attuale del carico tributario.

In primo luogo, appena tre settimane fa il Presidente del Consiglio ha presentato il Rapporto Italia dell’Ocse in cui si stima che il 2013 sarà complessivamente un altro anno di recessione con cenni di ripresa a partire dall’autunno. Anche nell’ipotesi che la stretta sulla spesa della sanità e delle Regioni equilibri l’effetto complessivo delle mini-riduzioni Irpef e del significativo aumento dell’Iva, in termini assoluti le entrare tributarie ed extra-tributarie resteranno nel 2013 ai livelli del 2012 (sempre che non si ipotizzi un aumento di elusione e di evasione).


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In questo quadro, contraendosi il Pil, il rapporto tra entrate complessive e Prodotto interno lordo non può che aumentare. Con la conseguenza di rallentare la crescita e avvitare ancora di più l’economia italiana nella spirale in atto da anni.

In secondo luogo, l’aumento Iva rischia di penalizzare le fasce a più basso livello di reddito, come dimostrano i principali teoremi di economia del benessere, mentre le riduzione Irpef per coloro che guadagnano più di 15.000 euro l’anno vengono ridotte da una rimodulazione delle detrazioni fiscali che colpisce principalmente i titolari di pensioni di invalidità (quelli di pensione di guerra sono in via di estinzione). Viene il dubbio che l’aumento della pressione tributaria complessiva non solo ci sarà, ma sarà avvertito principalmente da coloro che hanno redditi annui tra 15.000 e 28.000.


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Speriamo di essere smentiti con ricchezza di dati e di cifre. Che esamineremo con cura.

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