Il risparmio italiano e i due debiti pubblici

Non scema la propensione al risparmio degli italiani. E tra gli strumenti privilegiati vi sono i titoli di stato. Non sarebbe male se ve ne fossero dell'Ue

Durante gli ultimi quattro anni di “guerra” – fra pandemia e crisi geopolitica – gli italiani hanno ritrovato forse il segmento migliore del loro codice genetico socioeconomico: la propensione al risparmio.

Fra il 2020 e il 2023 la ricchezza finanziaria degli italiani è cresciuta di 552 miliardi (80 nell’ultimo anno) toccando 5.216 miliardi: lo calcola la Fabi, il più rappresentativo sindacato dei lavoratori del settore finanziario, in un focus appena pubblicato. La prima motivazione per accumulare risparmio è stata ovviamente precauzionale: accumulare risorse in un clima fattosi enormemente più incerto. Tanto che parte della nuova ricchezza è stata per il momento sottratta alla tradizionale destinazione: l’acquisto della casa. Negli ultimi due anni, in particolare, il rialzo brusco dei tassi deciso dalle banche centrali per contrastare l’inflazione da crisi energetica ha frenato le compravendite e la richiesta di mutui.

Nel frattempo – segnala lo studio Fabi, a fianco del regolare monitor mensile dell’Abi – gli italiani hanno preso a reinvestire in titoli azionari, fondi comuni e polizze: alla ricerca di rendimenti che almeno proteggano dall’inflazione. Ma – nonostante il brillante andamento dei listini azionari – i risparmi delle famiglie non si stanno ancora ridislocando in modo visibile. Rimangono alte – nonostante l’erosione inflazionistica – le consistenze in depositi bancari e postali, sempre superiori in tutto a 1.500 miliardi di euro (anche grazie alle offerte spot di tassi allineati con quelli di mercato). Sono d’altronde in netta crescita le sottoscrizioni di titoli del debito pubblico italiano: sia per il ritorno dei Bot, sia per le emissioni ricorrenti di Btp speciali, con protezione dall’inflazione o con scadenze brevi.

La liquidità giacente in parcheggio e l’appetito in aumento per i titoli pubblici sono verosimilmente le due direttrici “follow the money”. Entrambe le dinamiche sembrano coerenti con le aspettative sempre più circostanziati riguardanti una ricostruzione complessiva del debito pubblico Ue: nelle sue storiche componenti nazionali e nella componente comunitaria che pare destinata ad assumere maggior peso. “Cercheremo di coniugare la transizione industriale con quella ambientale”, ha detto Ursula von der Leyen, annunciando la sua ricandidatura alla guida della Commissione Ue.

Il cambiamento di rotta è significativo, connotato dall’esigenza improvvisa di aumentare in tempi rapidi e in misura straordinaria la spesa per la difesa. Su un altro versante strategico i Governi dei Ventisette (Italia e Francia in testa) saranno chiamati a delineare percorsi di rientro e riallineamento nei parametri finanziari di stabilità. La richiesta di finanza per alimentare il nuovo debito pubblico europeo e i debiti pubblici nazionali in consolidamento si profila quindi importante. E non è imprevedibile che i risparmiatori italiani si mostrino aperti all’offerta di titoli sotto l’ombrello dell’Ue (quindi con rating alto) e con un rendimento reale normalizzato, dopo una lunga fase di tassi zero e quindi un biennio di inflazione riaccesa.

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