Superbonus e affitti: quei cortocircuiti sulla casa

Non c'è solo il caso del Superbonus a turbare il mercato immobiliare nel nostro Paese, ma anche l'aumento degli affitti

A turbare il mercato della casa c’è – anzitutto ma non solo – il “pasticcio Superbonus”, lasciato dal governo M5S-Pd prima all’Esecutivo Draghi poi a quello Meloni. La stretta sui tempi di deducibilità colpisce di per sé – in misure variabili ma non certo trascurabili – proprietari, imprese e banche: cioè i protagonisti del mercato. Peseranno gli effetti finanziari immediati: soprattutto per i costruttori, che hanno “scontato in fattura” molti lavori effettuati in “110” e ora avranno meno facilità a effettuare compensazioni e ottenere credito in banca. Ma la diluizione temporale dei bonus fiscali acquistati colpirà anche gli intermediari creditizi, che saranno prevedibilmente disincentivati – fra l’altro – a concedere nuovi mutui, già frenati negli ultimi due anni dal caro-tassi da inflazione.

I proprietari – almeno quelli che abbiano ultimato i lavori – paiono più al riparo da conseguenze immediate: ma potrebbero risultare delusi nelle loro aspettative di rivalutazione “energetica” dei loro immobili, a maggior ragione sperata da molti dopo anche l’Italia ha sofferto un’inflazione media fra il 15 e il 20 per cento. Il mercato congelato dalle turbolenze macro cova anche incertezze sulla reale convenienza d’acquisto di una casa cinquantenne “cappottata”, rispetto a un’abitazione nuova di classe energetica “massima”. E quello della casa è – con l’auto – il caso particolare più corposo di una transizione verde che è rimasta un mantra politico anche in era Covid, ma che non lo è più dopo l’aggravarsi della crisi geopolitica. Qualche nebbia potrebbe essere diradata con l’insediamento di una nuova Commissione Ue dopo il voto del mese prossimo, ma forse non immediatamente.

Nel frattempo un altro cortocircuito-casa sta premendo su milioni di italiani (di europei e anche di statunitensi). In stand by il mercato delle compravendite, è aumentata la domanda di affitti e con essa anche l’entità media dei canoni, al netto delle spese di gestione “inflazionate” (anzitutto per i rincari energetici). I proprietari-locatori stanno d’altronde facendo i conti con l’intento di mantenere il più possibile i livelli di redditività reale dei loro immobili d’investimento: una situazione talora aggravata dalla necessità di pagare tassi (variabili) più alti su mutui contratti ancora in epoca di tassi zero o quasi. Mentre per gli affittuari si prospetta una “stangata” non facilmente reversibile, per molti proprietari cresce intanto il rischio di impreviste riduzioni del valore dei loro immobili su un mercato erratico. E questo è rilevante in un Paese come l’Italia dove gli investimenti finanziari sono tradizionalmente orientati verso la casa.

Un impatto negativo sull'”effetto-ricchezza” percepito dalle famiglie appare quindi più che potenziale. E disegna uno scenario che non potrà non condizionare le scelte di politica fiscale del Governo, in fase di sviluppo anche sul fronte della rivalutazione delle rendite catastali.

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