La sanità inquina

Secondo i dati dell'Ocse, il settore sanitario pesa per il 4,4% sulle emissioni di gas serra nei Paesi membri

La sanità inquina! Orpo: non è certo una bella notizia quella che l’Ocse ci manda attraverso il suo rapporto “Decarbonizing health systems across Oecd countries”. E allora prima che si aprano le cataratte del tipico mainstream catastrofista conviene mettersi al tavolo di lavoro, leggere e cercare di capire che cosa c’è dietro alla notizia.



Secondo le analisi più recenti condotte dall’Ocse e riferite al 2018, le emissioni di gas serra ascrivibili al settore sanitario sarebbero il 4,4% di quelle totali delle nazioni che si riferiscono all’Organizzazione, un valore superiore a quello riscontrato in settori, come ad esempio l’aviazione, che vengono normalmente monitorati per l’impatto delle loro emissioni.



Il 4,4% delle emissioni di gas serra è tanto o è poco? Cominciamo col dire che misurare queste emissioni relative a un settore produttivo come quello sanitario non è semplice e diretto come contare i pazienti che in un anno vengono ricoverati negli ospedali: le metodologie sono complesse, prevedono diverse assunzioni e ipotesi, e se la stima complessiva fosse anche la metà di quella proposta (o addirittura il doppio) non ci si deve certo meravigliare.

Non si tratta di fare la classifica dei settori più inquinanti, ma è sufficiente (o meglio, necessario) prendere atto che anche il settore sanitario partecipa con una sua quota alle emissioni di gas serra e che anche per il settore sanitario si tratta di attivare tutte quelle attività che permettano di controllare (governare, ridurre) le emissioni nocive.



La seconda informazione che l’Ocse fornisce riguarda le catene di fornitura: i 4/5 delle emissioni di gas serra (79%) del settore sanitario provengono dalle catene degli approvvigionamenti. Inoltre, metà delle emissioni attribuibili al settore vengono originate al di fuori della nazione dov’è consumata la prestazione sanitaria, e questo per via dell’elevata integrazione globale che caratterizza il settore, come ha dimostrato anche la recente pandemia.

Ospedale (Foto: Pixabay)

Guardando ai providers di prestazioni sanitarie, le analisi dell’Ocse indicano che nel complesso il 30% delle emissioni va attribuito agli ospedali e che un grosso miglioramento sarebbe quello di passare, per quanto possibile, a una cura esterna ai nosocomi, rafforzando le cure primarie e la prevenzione. Promuovere cure appropriate che riducano l’impegno di cura e la produzione di rifiuti non porta solo a un miglioramento della salute e dei costi, ma fa bene anche all’ambiente.

Le emissioni di gas serra in sanità non sono identiche in tutti i Paesi Ocse: per alcuni (Stati Uniti, alcune nazioni asiatiche) siamo a valori ben superiori al 6%, mentre per altri (in particolare dell’est Europa) ci si mantiene al di sotto del 2%. L’Italia, con il suo quasi 5%, è al di sopra della media.

Secondo l’Ocse, è in aumento la quota di medicinali e di altri dispositivi sanitari che vengono sottoposti a valutazione per il loro impatto potenziale sull’ambiente, e per molti di loro (gas anestetici, inalatori per asma e Bpco, ad esempio) sono già disponibili prodotti alternativi con basso impatto ambientale: è un’attività che deve essere incrementata perché la gamma di prodotti che sono sottoposti a screening è ancora molto limitata.

Ridurre l’impronta del carbone e delle altre emissioni nocive richiede l’adozione di politiche diversificate e combinate che interessano anche altri settori (uso dell’energia, trasporti, ecc.): da questo punto di vista l’organizzazione segnala che la maggioranza delle nazioni ha già in corso politiche di intervento (come l’adozione di modalità di costruzione degli edifici che favoriscano l’efficientamento energetico), ma che sono necessari interventi sovranazionali sotto forma di standard e linee guida per incentivare il cambio di atteggiamento.

Si può convenire, o meno, sulle valutazioni effettuate dall’Ocse, e in particolare si può dissentire sui valori quantitativi delle stime proposte, ma è indubbio che nel contesto generale che vede tutti i settori produttivi lavorare nella direzione della riduzione delle emissioni nocive anche il settore sanitario è chiamato a portare il suo contributo.

Oltre a produrre obiettivi di salute per via dei servizi che vengono erogati ai cittadini malati e ai soggetti con diversi tipi di bisogno sanitario, il comparto può aggiungere i benefici che derivano dalla riduzione delle emissioni considerate nocive.

Almeno tre sono i percorsi che l’Ocse suggerisce: da una parte la decarbonizzazione delle filiere di distribuzione e approvvigionamento, per le quali si tratta di attivare politiche che sono sovranazionali (più difficili da implementare e governare).

In secondo luogo, la trasformazione organizzativa del luogo della cura diminuendo la necessità di ricorrere a strutture molto intensive come sono gli ospedali (anche riducendo le durate dei ricoveri e le prestazioni non necessarie – test, immagini, ecc.); in terzo luogo, la sostituzione di prodotti ad alta emissione ambientale con prodotti alternativi a bassa emissione.

Più in generale, dice l’Organizzazione, si tratta di inserire in tutte le politiche una nuova attenzione verso la diminuzione di tutte le emissioni nocive, e per la sanità: ridurre sprechi, riorganizzare l’assistenza, migliorare l’appropriatezza e la sostenibilità delle cure, introdurre criteri ambientali negli acquisti, e via discorrendo.

E dell’Italia cosa si può dire? Le stime Ocse ci posizionano al di sopra della media, e questo perché al momento non sono state sviluppate precise politiche di decarbonizzazione: anche da noi gli ospedali sarebbero all’origine del 30% delle emissioni, e un importante contributo deriva dalla filiera della produzione e distribuzione di farmaci e dispositivi medici. Dal punto di vista degli interventi qualche iniziativa locale è in corso, soprattutto sul tema dell’efficientamento energetico e sfruttando le risorse messe a disposizione dal Pnrr, ma si tratta di attività che ancora non si inquadrano in un progetto complessivo di azione.

Insomma, si può fare molto di più in favore dell’ambiente.

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