L'Edipo, uno dei capolavori di Testori, torna in scena al Piccolo Teatro di Milano. Poi toccherà ad uno spettacolo al debutto, anch’esso testoriano

In queste settimane al Piccolo Teatro di Milano sono programmati in sequenza due spettacoli da testi di Giovanni Testori. È un caso abbastanza raro che un teatro proponga un autore più di una volta nella stessa stagione. Ma in questo caso la scelta segue una logica chiara e sinergica: da una parte c’è uno spettacolo che è quasi un classico, riproposto a trent’anni dal suo esordio e portato in scena da uno dei maggiori attori italiani, Sandro Lombardi; dall’altra parte c’è uno spettacolo al debutto, che vede protagonista un attore di 31 anni, Alessandro Bandini, recente vincitore del Premio Hystrio nella categoria under 35.



Scritto da Testori nel 1977 per un grande attore come Franco Parenti, Edipus nel 1994 aveva segnato l’inizio di un percorso nuovo per una delle più celebri compagnie d’avanguardia italiane, quella di Sandro Lombardi e di Federico Tiezzi, regista. Infatti dopo Edipus Lombardi e Tiezzi hanno portato in scena altre quattro opere testoriane, stabilendo una convergenza imprevista e fortunata tra due storie culturali molto diverse tra di loro.



Edipus è una ripresa del mito greco scritta in una lingua reinventata, molto fisica ed espressiva, che è propria di tanto teatro di Testori. È un monologo, con momenti di struggente tenerezza e malinconia, ma anche ferocemente ironico contro un potere, incarnato da Laio, che assomma nella stessa persona autorità politica e religiosa.

Perché riproporre uno spettacolo a trent’anni di distanza, esponendosi oltretutto ad una fatica spossante? Lombardi ha detto di averlo sentito come un dovere, per poter permettere ad una nuova generazione di vedere un qualcosa che aveva segnato profondamente la sua vita, dal punto di vista umano e da quello professionale. Le ovazioni che l’attore riceve alla fine di ogni replica sono anche un segno di gratitudine nei suoi confronti. In scena, a differenza di trent’anni fa, lo affianca un giovane bravissimo attore, Antonio Perretta, in un ideale passaggio di sapere per un teatro che sia capace di far vibrare le corde più profonde dell’umano.



Giovanni Testori (1923-1993) (foto dal web)

Settimana prossima su quello stesso palco salirà un coetaneo di Perretta, per raccontare la storia appassionante che ha legato Giovanni Testori al grande amore della sua vita, Alain Toubas. Testori non ha mai negato la propria omosessualità, senza però mai sbandierarla. Alessandro Bandini ha lavorato a partire dall’immenso epistolario che i due si sono scambiati nei primi anni del loro rapporto per approdare a I trionfi, un poema fluviale pubblicato nel 1965 in cui quella storia d’amore trova la sua apoteosi, travolgendo tutti gli schemi letterari.

Nelle lettere e nei versi si coglie il crescere di una coscienza diversa, più alta e drammatica del proprio destino di scrittore. L’amore, fatto privatissimo, innesca la necessità di un drammatico cambiamento che guarda alla totalità della vita. Testori nella profonda verità della relazione sentimentale prende coscienza dell’inadeguatezza di quel che fin lì aveva scritto e che gli aveva anche garantito un grande successo. Un’inadeguatezza non tanto letteraria quanto di comprensione della vastità e della verità dell’umano.

In una meravigliosa lettera ad Alain del 1961 confessa il drammatico passaggio che sta vivendo: “La crisi che tu hai aperto nel mio mondo poetico è diventata estrema. Direi persino totale: estrema e totale perché mi hai spinto a misurare le mie parole con l’universo intero. Di giorno in giorno, ciò che ho scritto fino a qui, non mi sembra nulla, nulla, completamente nulla. Ciò che ho scritto fino ad ora, paragonato all’immensità del mondo, al suo senso e soprattutto alla sua tragedia, non diventa altro che un’ombra. Ci sono ancora passi da fare, profondità da toccare; ci sono ancora sacrifici da accettare. Sì, ci sono ancora dei ‘no’ da dire alla mia fantasia…”.

È come assistere al parto doloroso di una nuova identità di scrittore, irregolare, senza patria, disposto ad abbandonarsi, senza difese, al grande mistero della vita.

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