Nelle scorse settimane c'è stata una polemica relativa alla copertura dei costi per l'erogazione dei Lea in sanità

È di queste settimane una polemica che ha occupato i giornali e gli altri mezzi di comunicazione e ha portato, tra altro, anche a due interrogazioni presentate, rispettivamente da Andrea Quartini (M5S) e da Ilenia Malavasi (Pd), in commissione Affari sociali alla Camera e che hanno avuto risposta attraverso il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato.



L’argomento oggetto della polemica riguarda la copertura dei costi delle prestazioni sociosanitarie da parte del Servizio sanitario nazionale per i soggetti con gravi patologie cronico-degenerative ricoverati nelle Residenze Sanitarie per Anziani (Rsa), e oltre che dalle due interrogazioni la polemica è stata attizzata a valle di un emendamento presentato al Senato dalla maggioranza nel corso dell’esame del ddl prestazioni sanitarie, emendamento che secondo l’opposizione punterebbe a ridurre la quota di spesa spettante al Ssn facendo così ricadere parte dei costi non strettamente sanitari su malati e famiglie.



Ora, al di là dei fatti specifici che hanno dato il là alle polemiche, alle interrogazioni, e alla successiva risposta del Sottosegretario alla Salute, e al di là delle ragioni sia formali che sostanziali (e anche giuridiche) che hanno attizzato o smorzato la polemica stessa, la copertura dei costi delle prestazioni sociosanitarie da parte del Servizio sanitario nazionale – e non solo per i soggetti con gravi patologie cronico-degenerative ricoverati nelle Rsa – merita qualche ragionamento

perché rappresenta effettivamente una criticità all’interno dei Dpcm che hanno prima stabilito (2001) e poi aggiornato (2017) i Livelli essenziali di assistenza (Lea). Ne abbiamo già parlato in termini generali da queste colonne, ma proprio le polemiche in corso suggeriscono di specificare ed approfondire l’argomento.



Come noto, il livello essenziale “Assistenza sociosanitaria” è definito in dettaglio nel Capo IV del Dpcm 12 gennaio 2017 (“Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502“), e nei vari articoli (dal 21 al 35) che compongono il Capo IV si parla di Percorsi assistenziali integrati, Cure domiciliari, Cure palliative domiciliari, Assistenza sociosanitaria ai minori, alle donne, alle coppie, alle famiglie, Assistenza sociosanitaria ai minori con disturbi in ambito neuropsichiatrico e del neurosviluppo,

Assistenza sociosanitaria alle persone con disturbi mentali, Assistenza sociosanitaria alle persone con disabilità, Assistenza sociosanitaria alle persone con dipendenze patologiche, Assistenza residenziale extraospedaliera ad elevato impegno sanitario, Assistenza sociosanitaria residenziale e semiresidenziale alle persone non autosufficienti, Assistenza sociosanitaria residenziale alle persone nella fase terminale della vita,

Assistenza sociosanitaria semiresidenziale e residenziale ai minori con disturbi in ambito neuropsichiatrico e del neurosviluppo, Assistenza sociosanitaria semiresidenziale e residenziale alle persone con disturbi mentali, Assistenza sociosanitaria semiresidenziale e residenziale alle persone con disabilità, Assistenza sociosanitaria semiresidenziale e residenziale alle persone con dipendenze patologiche.

Tutte queste attività, con i dettagli e le specificazioni che sono precisate in ciascuno degli articoli che le descrivono, sono considerate essenziali, ma chi paga per la loro erogazione? Si tratta di attività coperte dal punto di vista economico integralmente dal Ssn (come, ad esempio, i ricoveri ospedalieri) oppure è prevista qualche forma di partecipazione alla spesa da parte del cittadino (come avviene, ad esempio, con il ticket per le prestazioni ambulatoriali)?

Per ognuna delle diverse voci di assistenza elencate il Dpcm indica precisamente chi si deve fare carico del pagamento della prestazione: per alcune attività la spesa è a totale carico del Ssn (esempio: Cure domiciliari per i primi 30 giorni, Assistenza residenziale extraospedaliera ad elevato impegno sanitario, Assistenza sociosanitaria residenziale e semiresidenziale alle persone non autosufficienti (comma 1a), Assistenza sociosanitaria residenziale alle persone nella fase terminale della vita,

Assistenza sociosanitaria semiresidenziale e residenziale ai minori con disturbi in ambito neuropsichiatrico e del neurosviluppo, Assistenza sociosanitaria semiresidenziale e residenziale alle persone con disturbi mentali (commi 2a, 2b, 3, 5), Assistenza sociosanitaria semiresidenziale e residenziale alle persone con disabilità (commi 1a, 1b, 3a), Assistenza sociosanitaria semiresidenziale e residenziale alle persone con dipendenze patologiche);

per altre è prevista una partecipazione del cittadino nella misura del 40%, 50%, o 70% del costo della prestazione (esempio: Cure domiciliari dopo il primo messe 50%, Assistenza sociosanitaria residenziale e semiresidenziale alle persone non autosufficienti (commi 1b, 3) 50%, Assistenza sociosanitaria semiresidenziale e residenziale alle persone con disturbi mentali (comma 2c) 40%, Assistenza sociosanitaria semiresidenziale e residenziale alle persone con disabilità (altri commi: 40% o 70%));

per altre ancora vi è integrazione della assistenza sociale (esempio: Cure palliative domiciliari, Assistenza sociosanitaria ai minori, alle donne, alle coppie, alle famiglie, Assistenza sociosanitaria ai minori con disturbi in ambito neuropsichiatrico e del neurosviluppo, Assistenza sociosanitaria alle persone con disturbi mentali, Assistenza sociosanitaria alle persone con disabilità, Assistenza sociosanitaria alle persone con dipendenze patologiche).

Trascurando il tema dell’integrazione con l’assistenza sociale, che non fa parte del Ssn e non naviga nell’oro, il problema, a differenza del caso del ticket ambulatoriale, è che per nessuna delle prestazioni sociosanitarie per cui è richiesto un contributo economico da parte del cittadino è stato previsto qualche tipo di esenzione, ed è pertanto evidente che a tali prestazioni pur considerate essenziali il cittadino che si trova in condizioni di povertà (estrema o assoluta o relativa) non è nelle condizioni di potervi accedere.

Pertanto, a prescindere da qualsiasi discussione attorno alla essenzialità o meno di quanto oggi previsto nei Lea, già negli attuali livelli essenziali sono inclusi servizi e prestazioni sociosanitarie che non possono essere usufruiti/e da cittadini che ne avrebbero il diritto, ma che di fatto non sono in grado di accedervi per ragioni economiche associate alla definizione stessa di Lea, una definizione che esclude, per particolari attività, i soggetti poveri.

Si tratta di una aporia a cui c’è bisogno di porre rimedio, anche se il rimedio (esempio: esenzione dal contributo partecipativo) coinvolge necessariamente la revisione quantitativa del Fondo sanitario nazionale. La previsione di un criterio di protezione indirizzato esplicitamente verso questi soggetti, il che permetterebbe loro di non essere privati di prestazioni considerate essenziali, andrebbe nella direzione auspicata dalla Corte Costituzionale per la quale prima di sacrificare la spesa per la sanità bisogna ridurre le altre spese indistinte.

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