Inchiesta Milano, rimane l’emergenza casa

A Milano c'è un problema relativo all'urbanistica che va affrontato: quello che rende difficile acquistare o affitare una casa

La legalità e la correttezza della gestione urbanistica a Milano è “un” problema rilevante: politico in quanto giudiziario. È stato sollevato dalla Procura ambrosiana, che ora svolgerà sull’amministrazione comunale tutte le indagini ritenute meritevoli di esercizio dell’azione penale investigativa, con presunzione di innocenza di tutti gli indagati fino al terzo grado di un giudizio per ora solo eventuale.



Era “un” problema politico – non meno rilevante – la prosecuzione del sindaco Beppe Sala nel suo mandato. È stato risolto – per ora – l’altra sera in Consiglio comunale dall’intervento di Sala, che ha affermato perentoriamente di avere “le mani pulite” e di ritenersi in condizione di governare la metropoli per altri due anni.



“Il” problema politico dell’urbanistica a Milano è stato però solo certificato dalla Procura – che non ha certo scatenato fulmini a ciel sereno – e solo sfiorato da Sala nella sua autodifesa. Il problema è l’offerta di case “affordable” (secondo un neologismo ormai globale) per tutti quelli che a Milano vivono o vogliono venire ad abitare: per lavorare, studiare, fare impresa. Non per i turisti o per chi vuole investire a due passi dal Quadrilatero o dalla Scala; a tiro di elicottero dalla Svizzera, dal Lago di Como o dall’autodromo di Monza. Case d’abitazione, non attici disegnati da archistar come la penthouse di Donald Trump nella tower che porta il suo nome a Manhattan.



A New York hanno lo stesso problema e per questo le primarie dem per le elezioni comunali di novembre hanno fatto volare un giovane democratico che ha posto in cima alle sue priorità di programma il blocco dei canoni d’affitto per 8,5 milioni di newyorchesi. Non è ancora certo che Zohran Mamdani diventi mayor fra cento giorni, ma in città già si discute in dettaglio di riforme dei regolamenti edilizi, con più spazio per le concessioni ai progetti di case “affordable” (e i media hanno già tirato fuori dalla naftalina perfino una normativa varata nel 1936 – nel pieno della Grande Depressione – e cancellata solo nel 2000: affidava al sindaco poteri diretti di calmierare i prezzi dei generi alimentari in città).

Sala – lui pure esponente di uno schieramento politico progressista – sembra avere su quest’orizzonte un’autostrada davanti. In parte se l’è costruita lui stesso in quindici anni di “decision maker” a Milano, come city manager, come Ceo dell’Expo 2015 e infine come sindaco. Lo stesso dinamismo realizzativo dimostrato nel miscelare iniziativa pubblica e progettualità privata per promuovere la “Milano dello Skyline” può e deve essere rigenerato a sostegno di un’edilizia “affordable” nella “Milano sotto lo Skyline”.

La prima può trainare la seconda solo se la seconda è vitale, in piedi e in marcia. Altrimenti anche la Milano “verde europea” che Sala aveva posto come suo brand politico-personale nella campagna per la rielezione è destinata a restare sulla carta. Come la New York delle torri affacciate su Central Park, in parte invendute e ai cui ultimi piani perfino le celebrites cominciano a essere incerte se rimanere o no.

La metropoli lombarda è – fra l’altro – l’hub italiano del social housing, a sua volta grazie all’impegno pionieristico della Fondazione Cariplo – sostenuta fra l’altro da Intesa Sanpaolo – e allo sviluppo strategico nazionale/internazionale dato dalla Cassa depositi e prestiti (di cui lo stesso Sala è stato consigliere). Il know-how non manca e neppure la reputazione (compresa quella del sindaco). Ora serve la politica: quella autentica, rinnovata se il sindaco e la sua amministrazione sapranno realizzare i loro impegni.

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