L’emergenza energia nel cambiamento climatico

Oltre a problemi climatici, in questi giorni abbiamo dovuto far fronte anche a interruzioni di fornitura energetica

Le bolle di calore e le bombe d’acqua che hanno investito l’Italia all’inizio dell’estate hanno non solo reso palpabile il cambiamento climatico anche a chi rimanesse scettico: hanno anche lasciato al buio centinaia di migliaia di italiani. Famiglie, imprese, ospedali. Da Torino a Firenze, dal Veneto alla Sicilia: per mezz’ora o per sei ore, senza preavviso e senza certezze sui ripristini. Per sovraccarichi da aria condizionata o per blackout da nubifragio. Sempre con il rischio che il buio si espandesse pericolosamente nel tempo e nello spazio: come quando – poche settimane fa – la Spagna intera è rimasta priva di energia elettrica per più di un giorno.



Si è dunque materializzata un’emergenza energetica ulteriore rispetto a quella inflazionistica, che da tre anni affligge l’Italia e l’Europa. Il calo dell’offerta da sanzioni alla Russia – primo ma non unico fattore, non eliminabile nel periodo breve/medio – non colpisce più solo il prezzo dell’energia (volatile in misura asimmetrica fra le varie Aziende-Paese), ma anche la sua disponibilità. E questo avviene in una fase particolarmente critica: tanto che l’emergenza socioeconomica si è fatta anche politica, mettendo sotto pressione la stessa Commissione Ue sulla transizione verde.



L’exit dalla doppia turbolenza dell’ultimo quinquennio (pandemia e crisi geopolitica) si va ora ulteriormente allungando e problematizzando nella “guerra dei dazi” innescata dalla nuova Amministrazione Usa. La ricerca di una nuova competitività per l’Azienda-Europa non accenna dunque a farsi meno difficile: al contrario. E lo stesso irrompere dell’Intelligenza Artificiale va a scaricarsi direttamente sul cruciale fronte energetico: la crescita dimensionale delle infrastrutture digitali – molto energivore – è attesa in termini esponenziali.

Di fronte alla nuova povertà energetica, un Paese del G7 come il Canada – finora in prima linea nella transizione ecosostenibile – è orientato a rimettere mano alle sue ingenti risorse fossili. Ma anche nel nord Europa non mancano vecchie miniere di carbone tornate improvvisamente interessanti per Governi in allarme rosso. Non è affatto improbabile che l’emergenza venga affrontata (anche) così. Ma la via strategica pare rimanere un’altra: duplice.



Da un lato, è necessario che l’Ue resista a tutte le sollecitazioni ad abbandonare le politiche di innovazione energetica: gli investimenti già dispiegati sia dal pubblico che dal privato non possono essere vanificati; i grandi progetti vanno portati a termine per generare tutto il loro valore economico ed ecologico. D’altro canto, non è più possibile che veti ideologici figli del secolo scorso continuino a bloccare le opportunità sviluppate in questo secolo dall’innovazione tecnologica nel campo della produzione di energia nucleare pulita e sicura.

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