Una borsa di studio chiamata studentato

La vera "borsa di studio" che oggi si può offrire a uno studente "meritevole e capace" è un posto in uno studentato nuovo vicino a un'ateneo

Durante il Covid e dopo, l’Italia – forse non da sola – ha perso un’occasione: quella di promuovere la digitalizzazione del sistema-Paese attraverso la scuola. È stato simbolico – in negativo – l’investimento in banchi-sedia con le rotelle. Con quei mezzi (certamente con quelli forniti poi dal Pnrr) l’Italia avrebbe potuto tentare un ben diverso salto politico-economico di quantità e qualità, tecnologica e sociale.



Si sarebbe potuta utilizzare l’emergenza come pedana per dotare le scuole – massicciamente e capillarmente – di vere e solide infrastrutture digitali, accessibili a ogni singolo alunno. Si sarebbero potuti decidere progetti straordinari di vera formazione digitale per gli insegnanti. Da una crisi poteva nascere un’opportunità di transizione virtuosa, di futuro sviluppo. È risuonato in infiniti annunci. È stato sottoscritto in tutte le strategie “NextGeneration” dell’Ue. È stato fatto poco. Il Pnrr – quello italiano sicuramente – ha preso tutt’altra direzione.



Negli ultimi giorni una crisi diversa e complessa – quella innescata dalle inchieste sull’urbanistica a Milano – ha portato sotto i riflettori politico-mediatici un’emergenza differente: quella della casa. E in essa una crisi specifica: quella delle “case” destinate a ospitare gli studenti universitari, categoria socioeconomica ampia se comprende anche i ricercatori e i giovani laureati che entrano nel mercato del lavoro tipicamente come precari.

Non è un fulmine a ciel sereno: sono ancora cronaca – proprio a Milano – alcuni attendamenti di protesta.  E il cantiere degli studentati è per la verità già aperto – anche a Milano – su un segmento peculiare delle diverse strategie di social housing, promosse in prima linea dalle Fondazioni bancarie (queste ultime più frequentemente presiedute da rettori o docenti universitari).



Non ha quindi sorpreso che, sulla scia del caso Milano, in non poche città universitarie (soprattutto quelle che vogliono crescere come tali) si stiano moltiplicando annunci di nuovi cantieri per studentati. Ed è sintomatico come talora questi coincidano con il crescere delle polemiche per la desertificazione edilizia dei centri metropolitani, divorati dalle strutture votate all’overtourism.

Resta il fatto – per ora l’auspicio – che oggi la vera “borsa di studio” che si può offrire a uno studente “meritevole e capace” (altrimenti detto un “cervello”) è un posto in uno studentato nuovo vicino a un’ateneo degno di questo nome. La “competitività” cui il Rapporto Draghi sollecita l’Europa può nascere, alla fine, solo da qui.

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