Non sono le cose, per Gesù, a fare la differenza: ciò che farà la differenza tra l'essere padrone delle cose e l'esserne succube sarà l'uso che se ne farà
Bugiarda la storia, diventata fake-news, che Dio mal sopporti la ricchezza, al punto tale da odiarla. Stesse così la faccenda, cosa ci farebbero quegli amici nottambuli, due di numero, che sotto la Croce si fan trovare con le mani piene del lusso mentre incrociano la Madre addolorata del Cristo appeso?
Il primo si chiama Nicodemo – (quello) «che in precedenza, era andato da Gesù di notte» (Gv 19,39) -; si presenta con cento chili di mirra e aloe per imbalsamare l’amico Gesù. Una misura esagerata, da gente sfondata di soldi. L’altro benefattore si chiama Giuseppe, viene da Arimatea, uno che aveva già pensato, per tempo, a dove soggiornare dopo la morte con una certa nobiltà: alla giovane Madonna mette a disposizione il suo sepolcro nuovo, appena scavato nella roccia: non un pezzettino di terra anonimo all’angolo del cimitero, un loculo insignificante, una tomba di quelle da pover,i ma una sorta di abitazione per gente d’un certo livello.
Nessuno dei due si vide rifiutare la generosità: accettò entrambi i doni la Donna, a conferma che il suo Figliolo, quel gesto d’umana generosità, l’avrebbe saputo apprezzare. Eccome. Una ricchezza sfrenata fu l’ultimo garbo che due amici di vecchia data, rimasti fino ad allora nella penombra, riservarono al loro Gesù. “A che pro, morto il mio amico, tenere per me i soldi – avrà ragionato Nicodemo -. Nulla di meglio che dar loro un significato, così che vivano per sempre”. L’uomo d’Arimatea: “Che m’importa del denaro – ragionò -: un ottimo servo, un pessimo padrone. È meglio che li dia in beneficenza a quest’Uomo mirabile”.
Sul punto dell’ultimo collasso, Cristo fa i conti coi soldi degli amici, mezzi sconosciuti: fu il loro modo originale, forse, per riciclare del denaro che aveva potuto molto nella loro vita, ma non era riuscito a saziare il loro cuore. Avevano ben presente, loro due, la differenza che c’è tra il possedere denaro, anche tanto, e l’essere ricchi: la loro vita non avevano mai accettato che fosse stampata su una banconota.
In vita, un giorno, ne aveva accennato (non di sfuggita) il Maestro: «Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti». Anche il contrario, come in tutte le faccende: «Chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti». Il “poco”, badiamo bene, non è affatto poca cosa: è il tutto di cui noi possiamo usufruire quaggiù in terra. Il “molto”, invece, è la misura con la quale noi avremo a che fare nell’eternità.
“Cambia nulla – pare dica Cristo -: una volta che tu hai imparato a guidare la macchina nella stradina di casa, sarai capace di guidarla anche in un’autostrada. Se saprai trattare con parsimonia il poco, ne sarai capace con il molto”.
Non sono le cose, per Gesù, a fare la differenza: ciò che farà la differenza tra l’essere padrone delle cose e l’esserne succube sarà il buon uso che se ne farà. Chi sa trattare la ricchezza come mezzo e non come fine della propria vita, sarà capace di amministrare il “poco” come il “molto” con la medesima libertà di cuore.
La scelta, però, va fatta quaggiù, con quelle cose di “poco conto” che sono l’allenamento per poi, nell’eternità, alzare di gran lunga l’asticella. Avendo l’avvertenza di non pensare di riuscire a salvare la capra e i cavoli: «Nessun servitore può servire due padroni» (cfr Lc 6,1-13). Della serie: chi non sarà in grado di scegliere, per accontentare tutti finirà con il non accontentare nessuno.
Poco importa, al Dio di Nicodemo e di Giuseppe d’Arimatea, se il mondo ti farà la reputazione e ti darà credito solo in base ai quattrini che avrai tenuto ben nascosto in cassaforte. C’è anche gente che dalla sua ricchezza ricava solo la paura di perderla: bisognerebbe aver l’appetito del povero per riuscire a godere la ricchezza del ricco.
Nel frattempo della scelta, Cristo rilancia il dibattito tra la gente che gli fa ressa attorno: “Fermi un attimo, prima di proseguire: a riempire il vostro cuore son io o le cose che possedete? Perché, sapete, c’è differenza”. C’è una bellissima differenza tra una rosa sul tavolo o un diamante al collo.
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