Quando non ci si sottrae al dramma più cocente dell’era moderna, l’emergenza educativa, si può aiutare giovani a sottrarsi a una vita infelice
Nelle comunità “L’Imprevisto di Pesaro” la divina inquietudine e irrequietezza dei ragazzi, il loro dolore profondo diventa occasione per accogliere la realtà con la coscienza che essa è investita e conquistata dal Mistero. Così, quando non ci si sottrae al dramma più cocente dell’era moderna, l’emergenza educativa, si può aiutare giovani a sottrarsi a una vita infelice. La gioia può divenire compagna di viaggio della vita.
Per tentare ancora una volta di dare voce alla divina inquietudine e irrequietezza dei ragazzi, ma anche per indicare la strada per una riscossa e una rinascita: adulti che sappiano chiamarli a grandi cose, certi e grati della infinita positività della realtà, che il bene è sempre più grande di qualsiasi grande male, che la vita non risulterà mai sconfitta e che Dio non tradirà mai sé stesso.
Per affermare con forza e convinzione che il bene che un adulto fa a un giovane resterà per sempre. Che ogni parola, ogni gesto, ogni sguardo che scende nel suo cuore, quando è ora, tornerà su, per produrre frutti insperati.
Per comprendere il dolore vasto e misterioso di tantissimi giovani, il suo significato profondo, il suo posto nell’architettura della vita, dell’esistenza degli uomini, per richiamare l’attenzione intorno all’emergenza educativa che è sicuramente il dramma più cocente dell’era moderna.

Per richiamare alla gioia, alla vita, alla felicità. Per raccontare tutte queste dimensioni che si vivono nelle comunità de L’Imprevisto di Pesaro ho voluto scrivere un nuovo libro. La “stranezza” e l’originalità del titolo “Silenzio, ragazzi, passa il treno” (Ed. Itaca) condensa l’esperienza più emblematica che si fa all’Imprevisto. Alle spalle delle comunità scorre la ferrovia e ogni giorno tanti treni sfrecciano. Per questo, ogniqualvolta passa il treno, soprattutto durante le assemblee, ci fermiamo, sospendiamo la parola, tratteniamo il fiato, ci guardiamo.
Il treno dice non che qualcosa passa, ma che Qualcuno viene proprio per me, proprio per noi e ci richiama al silenzio, all’ascolto, all’ammirazione per immergersi nel mistero della vita.
Il nostro lavoro all’Imprevisto, così come il vero importante impegno dei ragazzi, è l’obbedienza, ossia accogliere la realtà con la coscienza che essa è investita, conquistata dal Mistero. Come ho scritto: “Ho visto ed ho scoperto che il dono più grande che ci possiamo fare tra noi uomini è quello di darci gioia. Il vero impegno, il vero lavoro è questo. Partire dalla gioia. La sua luce è così inscritta, conficcata a sangue nella profondità, nell’origine stessa del nostro cuore che non possiamo non desiderala più di ogni altra cosa”.
Parlando dei miei ragazzi, della lotta che essi vivono per cadere nel male e poi per uscirne, parlando del dolore e della gioia, vorrei cantare Dio, la Sua bellezza, la Sua grandezza, la Sua misericordia. Vorrei vederlo, ammirarlo, lodarlo nelle sue creature più belle e sofferenti che sono i giovani di oggi. Sono quelle sicuramente a Lui più vicine. Il mondo è certamente amato e tenuto insieme da un’indicibile, affascinante unità, ma dentro di essa guizza in modo speciale l’appassionato interesse divino per la gioventù.
Se la storia chiede alla gioventù di attraversare un’epoca di così vasto dramma e larga sofferenza, significa che Dio ha in mente cose buone proprio per i ragazzi. Così tutto sarà nuovo. L’angoscia e l’oppressione spariranno; l’uomo non disprezzerà più la vita e i giovani vedranno strade nuove e comprenderanno che la gioia può essere la sola compagna del viaggio della loro vita.
Che occasione storica può rappresentare l’epoca presente per invertire la decadenza dentro la quale ci dibattiamo, l’acutissimo disastro di sconforto, di non senso, di trascuratezza e trasandatezza in cui nuotano i giovani. È una sconfinata prova in cui siamo tenuti e chiamati sicuramente a fin di bene, cioè al fine di trovare un grande bene per i ragazzi e, dunque, per tutti.
I ragazzi desiderano sempre più non accettare supinamente l’inconsistenza della sofferenza, della perdizione, respingono l’idea della tribolazione senza un perché, senza uno scopo. Il bisogno di ogni persona, massimamente dei miei ragazzi che sovente hanno avuto poco dalla vita, è quello di un incontro che sia e possa tutto, che possa rispondere a tutto il bisogno del loro cuore. Questo bisogno, questo grido ha attraversato le loro lunghe giornate e le loro interminabili notti, con il suono di uno struggimento amato e temuto, di una nostalgia aspra e dolcissima, forse mai conquistabile, ma quanto mai desiderata, perseguita.
Il bisogno dei bisogni è un amico così tanto grande da far gridare al miracolo, un amico capace di portarti in dono ogni sorta di bene e di grazia: ecco, questo è il vero tesoro che ognuno desidera. Il tesoro è un desiderio che ti squarcia il petto.
I miei ragazzi dicono: “Ci lega il dolore, la medesima storia di disgrazie, di brutte avventure… di sfiga”. “No”, rispondo io, “vi lega il desiderio, siete accomunati dallo stesso infinito desiderio. Ma il desiderio che avete è così infinito, soverchiante e sovrabbondante, che non può essere vostro, non può essere tuo, amico mio, non puoi essertelo dato tu. Sarebbe piccolo e meschino, perché ognuno di noi è piccolo e povero. Qualcuno te lo ha donato, te lo ha messo in cuore. L’avventura è conoscere questo Qualcuno che ce lo ha donato affinché il nostro desiderio potesse manifestarsi pienamente, potesse esplodere, arrivare fino agli estremi confini della terra”.
(Desidero ringraziare i tre ragazzi che hanno scritto le bellissime introduzioni al mio libro per le edizioni di Itaca: Andrea Frau, Andrea Malaspina e Jacopo Ferretti. E Sofia Bersanelli per la altrettanto bellissima copertina)
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