Dati Istat 2025, l'“esercito del bene” dei volontari italiani è in affanno: 1 milione in meno rispetto al 2025. Va recuperato il senso della solidarietà
Nel 2019 Ferruccio de Bortoli sviluppava una originale riflessione sugli effetti della crisi economica mondiale nel decennio dopo il crollo delle Borse mondiali e sulle possibili vie di uscita. In quegli anni il reddito delle famiglie in Italia era calato di oltre il 10% e il numero delle persone in povertà era cresciuto a dismisura. Alla luce di questi dati, l’ex direttore del Corriere della Sera faceva la seguente considerazione: “il tessuto sociale, se ha tenuto, è stato grazie a un grande ammortizzatore: il volontariato”.
I dati Istat del 2018 documentavano in Italia la presenza di 343.432 imprese non profit e l’esistenza di un vero e proprio “esercito del bene”, costituito dai volontari. Non a caso il libro di de Bortoli portava come titolo Ci salveremo (Garzanti, 2019). “Se ci salveremo – si legge in quel testo – lo dovremo ai tanti connazionali che si occupano di chi ha più bisogno”.
Nel 2025 potresti riproporre senza esitazione questa tesi? Gli ultimi dati Istat disponibili evidenziano un milione di volontari in meno rispetto al 2015. E non è tutto. I Grest che popolano l’estate italiana documentano anche un cambio di natura in atto nel volontariato. Per restare all’esempio del Grest o degli oratori, ciò che prima si faceva nelle parrocchie con gratuità per condividere un aspetto della vita dei ragazzi (lo studio, il tempo libero) ora comincia a divenire un’attività proposta da Comuni, scuole, associazioni sportive, che ha un tornaconto.
Pensiamo al beato don Pino Puglisi o a don Luigi Giussani , che ai loro studenti, dentro una prospettiva educativa più ampia, proponevano di cominciare a donare un paio d’ore a settimana per aiutare nello studio i bambini di Brancaccio o della Bassa Milanese. Quel gesto era un piccolo tassello, ma se compiuto nella gratuità e nella condivisione della vita coi bisognosi, produceva un cambiamento dell’esistenza in chi lo praticava e in chi lo riceveva.
Oggi l’insegnante che propone un gesto di volontariato ai propri alunni lo fa, nella maggior parte dei casi, perché rientra nel progetto scolastico. L’alunno deve svolgere un tot di ore col PCTO se vuole essere promosso o se vuole essere ammesso agli esami di maturità.
Qual è la conseguenza? Il gesto si depotenzia. Diventa un coraggio per ricevere qualcosa in cambio. Inoltre, completate le ore del progetto, finisce (spesso) anche il rapporto col bisognoso.
Oppure, per quanto riguarda i Grest proposti da comuni, scuole e associazioni: si svolgono le attività a favore dei ragazzi perché c’è un finanziamento. Finito quello finisce la solidarietà.
Eppure risulta ancora vero che il grande segreto dell’Italia resta il suo “tesoro del bene”. Ma dobbiamo oggi, più che mai, recuperare la motivazione profonda della solidarietà. Papa Francesco la definiva come una “profezia che indica la presenza di Dio nei poveri, in quanti sono abbandonati e vulnerabili, condannati o messi da parte nella costruzione sociale”.
In questa prospettiva la solidarietà implica due aspetti: la gratuità del dono e la certezza che il bene è possibile, ovvero la certezza della fede. Questa posizione umana la si impara partendo da un gesto particolare, come insegnavano don Luigi Giussani e don Pino Puglisi.
Mi ha colpito, di recente, ascoltare una testimonianza del cappellano della casa circondariale di Piazza Lanza a Catania. Si tratta di un sacerdote, don Antonio Giacona, che è stato 30 anni in missione in Cile, e che, quando era studente, aveva vissuto in Gioventù Studentesca la caritativa nel quartiere di San Cristoforo a Catania (si veda il volume redatto da Giacona, Piazza, Sapienza dal titolo La missione dietro l’angolo: un gruppo nel quartiere , Jaca Book 1970).
Quando don Antonio dal Cile è tornato a Catania, ha iniziato il suo lavoro pastorale in carcere, prima come volontario, poi come cappellano (e, in questa veste, trascorre molte ore al giorno a visitare i detenuti). Ebbene, nella sua testimonianza ha detto: “Ho sentito il bisogno di riprendere nella mia vita un gesto di carità per reimparare nel mio lavoro a riconoscere Cristo nelle persone che incontro ogni giorno”. Ecco, il nostro Paese ha sempre più bisogno di volontari con questa consapevolezza. Solo così, davvero, “ci salveremo”.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
