ACCORDI KIEV CON PARIGI E BERLINO/ “Nato e Usa a un passo dalla sconfitta strategica”

- int. Marco Bertolini

Francia e Germania offrono accordi bilaterali sulla sicurezza a Kiev in sostituzione della Nato. Ma l'Occidente è in un vicolo cieco

ucraina nato stoltenberg zelensky 1 ansa1280 640x300 Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato (a s.) incontra Volodymyr Zelensky (Ansa)

I francesi si apprestano a firmare un patto per la sicurezza con gli ucraini e i tedeschi probabilmente li seguiranno. Visto che Kiev non può entrare nella NATO, si cerca almeno di stabilire un legame con i singoli Paesi dell’Alleanza atlantica. Una iniziativa, osserva Marco Bertolini, generale già comandante del COI e della Brigata Folgore in diversi teatri operativi, tra cui Afghanistan, Libano, Somalia e Kosovo, che però non cambia il futuro della guerra in Ucraina, dove i russi sono sempre più padroni del campo, mentre l’Occidente si trova in un vicolo cieco nel quale si è messo da solo: ha rifiutato di fatto gli accordi di Minsk, che avrebbero riconosciuto autonomia a Donetsk e Lugansk, e altri spazi di trattativa, rischiando ora l’umiliazione della sconfitta e ostinandosi a rimanere sulla linea della guerra nonostante l’incapacità di tenere il passo della produzione bellica russa.

La Francia annuncia la firma di un accordo sulla sicurezza con l’Ucraina, probabilmente per forniture militari e addestramento delle truppe. Lo stesso dovrebbe fare anche la Germania. Che senso hanno questi accordi: l’Europa mette in conto un sostegno di lungo periodo a Kiev?

L’Ucraina non può entrare nella NATO per il suo status di Paese in guerra e allora si sopperisce con degli accordi bilaterali. Quanto saranno efficaci lo vedremo. È un passaggio per arrivare a qualcosa di più, per entrare dalla finestra quando non si può farlo dalla porta. Kiev non può far parte dell’Alleanza atlantica ma si allea con i singoli Paesi che vi hanno aderito.

Dove ci porta questa strategia? Gli ucraini hanno firmato un patto per la sicurezza anche con gli inglesi, prevedendo un invio di truppe, anche se non si specificava in quali occasioni sarebbe scattata questa possibilità. È questa la strada indicata?

Gli inglesi hanno un approccio diverso, sono molto meno restii a farsi coinvolgere. Francesi e tedeschi non sono disponibili ad arrivare a tanto. A questa intesa non darei grande importanza: l’obiettivo vero è entrare nella NATO, ma i russi non ci sentono e l’Alleanza atlantica non ci sta a farsi coinvolgere come tale, allo stato attuale. Facendo patti fra Stati sovrani cambia tutto. Una situazione del genere si è verificata anche in Europa: prima di entrare nella NATO, Finlandia e Svezia hanno fatto un patto di difesa aerea con la Danimarca, che è nel Patto atlantico.

Macron aveva detto che l’UE doveva prepararsi a sostituire gli USA nel caso questi si sfilassero in Ucraina: questo accordo ha a che fare in qualche modo con questa possibilità?

L’Europa non ha la forza di sostituirsi agli USA e men che meno la Francia: non è in grado di assicurare una produzione bellica adeguata. È un Paese abituato a volare alto, nel momento in cui vede che ci può essere un’eclissi statunitense cerca di inserirsi. Da un punto di vista pratico non cambia molto, ma è un accordo che può servire ad avvicinare l’Ucraina all’Occidente.

Secondo fonti USA, gli Stati Uniti producono 30mila proiettili di artiglieria al mese mentre i russi ne fanno 25mila al giorno. Vista questa disparità, non sarebbe meglio fermare la guerra per avere tempo di ridurre il gap prima di affannarsi in una produzione che adesso non è alla nostra portata?

È un’osservazione razionale, ma la NATO e gli USA si trovano di fronte alla prospettiva di una sconfitta strategica che può mettere in crisi la loro credibilità. Per questo non mollano, sperano di riuscire a cambiare la situazione. La Russia, però, sul campo sta vincendo e l’Ucraina è in difficoltà. E non è una situazione che può essere cambiata nel breve periodo: tutti i Paesi dell’Alleanza dovrebbero dedicarsi a una produzione di guerra, ma nessuno è disposto a farlo. L’Italia sta impiegando i suoi uomini nell’operazione Strade sicure; se si entrasse nella prospettiva di una eventuale guerra ad alta intensità, li impiegheremmo diversamente e cercheremmo di ammodernare le nostre dotazioni.

La Cina ha chiesto all’ONU di fermare le forniture di armi all’Ucraina, sostenendo che Mosca e Kiev dovrebbero attuare gli accordi di Minsk: potrebbero ancora essere un riferimento in vista di trattative di pace?

Agli accordi di Minsk l’Occidente non ha mai creduto. Lo ha ammesso la Merkel: era solo un escamotage per consentire all’Ucraina di prendere tempo per poi fronteggiare la Russia. La Cina fa questa proposta ma sa che non può essere accettata: implicherebbe un bagno di umiltà che l’Occidente non è pronto a fare. Minsk era la soluzione fin dall’inizio: parlava di autonomia di Donetsk e Lugansk, adesso fanno parte della Federazione Russa. Le condizioni poste da Putin non erano così inaccettabili per l’Ucraina: doveva dichiarare la propria neutralità. Avrebbe evitato di perdere una generazione intera di uomini come sta succedendo nella guerra. Gli accordi non li voleva l’Europa e neanche NATO e Stati Uniti.

L’Occidente si è messo da solo in un vicolo cieco dal quale ora non riesce a uscire?

Può uscirne solo con la sconfitta della Russia o con la sua umiliazione. Hanno negato a tutti i costi ogni spazio di trattativa e adesso dovrebbero smentire se stessi per arrivare a un negoziato.

Per come stanno le cose adesso, è più facile l’umiliazione di Europa e Usa?

Ne sono convinto. C’è da dire che anche i russi non sono messi bene. In Ucraina si stanno imponendo, però si trovano a fronteggiare una varietà di sfide: nel Baltico, in Medio Oriente, dove l’Iran è uno degli alleati principali di Mosca. La Russia, inoltre, dovrà presidiare meglio i confini con la Finlandia.

Ad Avdiivka, secondo fonti russe, agli ucraini sarebbe stata addirittura offerta una resa. La situazione è così compromessa per Kiev?

Il morale delle truppe che combattono su questo fronte è a terra. La colpa ricade su Zelensky e sul nuovo capo delle forze armate, Sirsky, conosciuto come il generale 200, il numero che in codice viene usato per indicare i morti. Si sta realizzando una situazione peggiore di quella di Bakhmut: Avdiivka era stata fortificata per anni, è a due passi da Donetsk e le forze che ci sono lì stanno per essere completamente accerchiate.

È una sconfitta che può portare al collasso degli ucraini?

Sicuramente un collasso morale. Si stanno riducendo le possibilità di rifornire il personale che si trova in questa area e anche quelle di un possibile ritiro delle truppe. Una situazione particolarmente dolorosa per gli ucraini.

La commissione intelligence della Camera Usa, intanto, ha lanciato un allarme sulla sicurezza nazionale per un progetto militare dei russi che riguarderebbe lo spazio, anche se poi ha precisato che non si tratta di un pericolo imminente. Qual è il senso di questa iniziativa?

I russi stanno costruendo un missile in grado di entrare in orbite basse e di trasportare testate nucleari. Che il pericolo ci sia è vero: ci stanno lavorando. Per capire la vicenda viene in aiuto l’intervista che Tucker Carlson ha fatto a Putin, nella quale il capo del Cremlino ha spiegato cosa ha portato a questo studio sulle armi ipersoniche, nato dal rifiuto opposto alla Russia da parte della NATO di elaborare un sistema antimissile integrato che  sarebbe stato un ombrello a disposizione di tutti. Putin ha raccontato che avrebbe fatto questa proposta quando la NATO aveva installato missili con la scusa di difendersi dall’Iran, non dalla Russia. Una tesi non molto credibile: erano stati messi nei Paesi baltici e in Romania. Una volta capito che era una difesa contro di loro, i russi hanno iniziato a produrre i missili ipersonici. A sentire Putin, insomma, un’escalation che poteva essere evitata.

(Paolo Rossetti)

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