UE spinge India a tagliare dazi auto dal 100% al 10%. Modi cede ma protegge le elettriche fino al 2027: Tata e Mahindra sul piede di guerra
L’Europa, con il suo metodo da ex potenza coloniale che ancora non ha digerito il nuovo ordine mondiale, sta cercando di imporre all’India un accordo commerciale che ricorda i peggiori eccessi del colonialismo economico: Bruxelles non chiede, ma pretende che Nuova Delhi smantelli i dazi del 100% sulle auto europee, una barriera vitale per proteggere l’industria locale indiana, ancora incapace di competere con i giganti tedeschi e francesi.
Ma, contro ogni aspettativa, il governo Modi sembra pronto a cedere: “Ridurremo gradualmente le tariffe al 10%”, dicono fonti vicine ai negoziati, mentre i colossi automobilistici indiani tremano all’idea di affrontare Volkswagen e BMW senza più protezioni. Ma l’India non si arrende del tutto: sui veicoli elettrici, settore in cui Tata e Mahindra hanno investito miliardi, i dazi resteranno intatti fino al 2027.
Una resistenza che sembra quasi una disperata difesa dell’ultima trincea industriale, in un Paese che ancora ricorda le ferite economiche inflitte dal colonialismo britannico. “L’UE vuole un accordo migliore? Glielo daremo”, ironizza con amarezza un negoziatore indiano, mentre in Germania si brinda già all’idea di invadere Mumbai e Delhi con SUV di lusso a prezzi stracciati, se l’accordo andasse in porto.
India-UE: l’accordo che può cambiare il mercato auto globale
Mentre Tesla si prepara a esportare in India i suoi Model Y prodotti in Germania, la verità è che questo patto commerciale rischia di trasformare il subcontinente nella discarica delle auto europee che nessuno vuole più. “Perché BMW spinge così tanto?”, si domanda un manager di Tata Motors.
“Perché qui vogliono piazzare le loro auto a benzina che in Europa sono ormai fuori legge!” I numeri gli danno ragione: con un mercato da 4 milioni di veicoli l’anno, ma un’industria locale ancora fragile, il Paese indiano è l’ultima speranza per le case europee strette tra la crisi della domanda occidentale e la transizione elettrica.
Ma a Nuova Delhi hanno ben calcolato che aprire parzialmente il mercato è meglio di una guerra commerciale con UE e USA, soprattutto con Trump che minaccia dazi del 50% sull’acciaio indiano.
“È pura leva geopolitica”, afferma deciso un funzionario del governo indiano, rivelando quello che tutti sanno ma nessuno osa ammettere: quella di Modi non è più la nazione non allineata di Nehru, ma un Paese costretto a piegarsi alla logica dei blocchi economici: il patto non è solo una contesa relegata ai dazi, ma uno scontro tra due visioni del mondo, e a rimetterci potrebbe essere proprio l’India.