Alberto Stasi e la relazione sulla presunta "parafilia": spunta un rapporto che ora rischia di gettare nebbia sulla nuova indagine
Mentre la nuova inchiesta sul delitto di Garlasco procede a tutto tondo come mai si era visto all’epoca dei fatti, le notizie sui protagonisti del caso si susseguono senza controllo. Succede così che salti fuori la narrazione di una relazione del 2024 che gli psicologi del carcere di Bollate dove è detenuto Alberto Stasi avrebbero prodotto alla Sorveglianza per dire che no, un soggetto così non dovrebbe accedere alla semilibertà.
In questo “rapporto”, si indicherebbe la sua presunta ossessione per una pornografia estrema e per un piacere sessuale di tipo “non convenzionale”, con anche una scarsa empatia nei confronti di Chiara Poggi, per il cui omicidio è stato condannato in via definitiva nel 2015, e nei confronti dei suoi familiari.
Alberto Stasi e il parere degli psicologi del carcere: cos’è la parafilia
Il termine parafilia indica una serie di fantasie o impulsi sessuali coinvolgenti oggetti, attività o situazioni atipici per l’eccitazione e il raggiungimento del piacere. Una condizione che non sfocia automaticamente e necessariamente in un disturbo parafilico, cioè in quella “deriva” della parafilia che provoca disagio o danneggia se stessi o gli altri. Nella definizione fornita dal DSM-5, il Manuale diagnostico dei disturbi mentali tra i punti di riferimento per gli specialisti del settore, si legge che “una parafilia non è sufficiente per avere un disturbo parafilico e, di per sé, non giustifica o richiede necessariamente un intervento clinico“.
Gli psicologi del carcere, nella relazione agli atti del Tribunale di Sorveglianza che ha invece concesso la semilibertà a Stasi pochi mesi fa, avrebbero delineato il possibile movente del delitto di Garlasco “nella ossessiva visione di materiale pornografico” da parte del giovane e nella catalogazione su pc, “con tratti francamente eccessivi“.
Nello stesso documento, sottolinea Il Giornale, gli stessi specialisti avrebbero ammesso che, però, in Alberto Stasi esistono solo “tracce” e sono assenti i requisiti necessari a una diagnosi di disturbo parafilico. Insomma, un dire tutto e il contrario di tutto, purché se ne parli e spesso persino a scapito di una nuova inchiesta che, finalmente, punta a dissipare le ombre e gli interrogativi insoluti seminati fin dal 2007 con un lavoro investigativo non proprio puntuale e immacolato. Tornare ora a parlare della posizione di Stasi e delle sue inclinazioni sessuali, sottolinea la sua difesa, significa fare un passo indietro nel percorso verso il completo disvelamento della verità. Sia essa confermativa dell’esclusiva responsabilità di Alberto Stasi – sigillata da un giudicato di condanna espresso ormai 10 anni fa – oppure capace di demolire i cardini di un intero processo già passato alla storia.