Nuova perizia psichiatrica su Alessia Pifferi, gli esperti: "Era capace di intendere e volere, nessun vizio mentale", verso la conferma dell'ergastolo
Nuova perizia psichiatrica ad Alessia Pifferi nel corso del processo di secondo grado ha stabilito che la donna al momento dei fatti era pienamente capace di intendere e di volere e ha quindi consapevolmente abbandonato la figlia, facendola poi morire di stenti, senza alcuna influenza dei traumi e problemi mentali che erano stati invece sostenuti dalla difesa.
La donna, che a luglio 2022 era partita in vacanza per il fine settimana con il compagno lasciando la piccola Diana di 16 mesi a casa da sola con una quantità minima di latte e acqua, era stata già condannata all’ergastolo per omicidio volontario aggravato ed era stata già giudicata nel pieno delle proprie capacità mentali da una prima perizia effettuata da esperti.
La Corte aveva poi avviato un nuovo accertamento ad un team composto da un neuropsichiatra infantile, uno psichiatra e una neuropsicologa che hanno confermato le ipotesi del primo esame, dichiarando che non c’è nessun vizio di mente constatato e ora questo esito potrebbe essere decisivo per la prossima seduta d’appello che si terrà il 24 settembre.
Alessia Pifferi: “Era capace di intendere al momento dei fatti”, la perizia potrebbe confermare ergastolo al prossimo appello
Alessia Pifferi era capace di intendere e volere nel momento in cui ha consapevolmente abbandonato la figlia Diana in casa da sola per partire con il compagno, facendola morire di stenti. Questa la conclusione della nuova perizia psichiatrica che era stata decisa dai giudici nonostante la prima avesse già dimostrato questa ipotesi, che ora al prossimo processo d’appello a settembre potrebbe essere la prova cruciale per determinare la conferma della sentenza di primo grado della Corte d’Assise di Milano che aveva già condannato la donna all’ergastolo per omicidio.
Secondo le anticipazioni, il team di esperti che ha valutato le capacità mentali dell’imputata, avrebbe riscontrato un disturbo relativo ad un trauma subito durante l’infanzia ma che non avrebbe influito sulle facoltà al momento dei fatti. La sorella Viviana Pifferi, parte civile nel processo insieme alla madre, aveva già affermato più volte: “Alessia non è affetta da nessun disturbo cognitivo, se dichiarassero l’incapacità non ci crederei“.