Nello studio di Quarto Grado vi era Viviana, sorella di Alessia Pifferi: ecco che cosa ha detto ieri in diretta tv parlando con Gianluigi Nuzzi
Il processo ad Alessia Pifferi fra i casi trattati da Quarto Grado ieri sera e in studio vi era Viviana, la sorella della donna condannata in primo grado all’ergastolo in quanto accusata di aver fatto morire la figlia Diana di stenti, lasciandola da sola in casa. “A me in aula è sembrata uguale – racconta la donna – si è solo tolta un po’ di trucco, le era stato detto che si presentava un po’ troppo truccata e questa volta non si è truccata”.
“Io non ho ancora visto nei suoi occhi il pentimento – ha continuato – ha sempre la mania di dare la colpa agli altri senza guardare in faccia nessuno, tranne a chi l’affronta perchè ha avuto un bel comportamento tosto (dice riferendosi agli incontri con la criminologa Bruzzone ndr), questa è l’Alessia.
Mi imbarazza avere lo stesso cognome? In questo momento sì’, quando mi dicono che sono la Pifferi io dico che sono Viviana, cambierei cognome? Sì, l’unica cosa che mi rincuora e che ce l’aveva anche Diana non avendo il papà, ma anche questo ricorda sempre sua mamma: ha lasciato il segno pazzesco in tutti, una mamma che lascia la sua bambina da sola…”.
ALESSIA PIFFERI, LA SORELLA VIVIANA: “L’ABBIAMO SEMPRE AIUTATA”
E ancora: “Lei è stata aiutata e mi sembra che sia uscito tutto, non c’era nulla di grave da poter fare qualche cosa. Lei non aveva niente, aveva cose che penso abbiano migliaia di bimbi o ragazzi, difficoltà di apprendimento.
La ferita più grande – ha continuato – è stata farci apparire come una famiglia di mostri, sembra che sia stata abbandonata quando invece viveva in casa di mia mamma con i soldi di mia mamma aveva anche il marito in casa, non è mai stata lasciata da sola, ci ha sempre accusati e adesso è andata oltre, dicendo che il padre l’ha violentata quando in aula ha detto in precedenza che papà era l’unica persona che le voleva bene: mi sembra una confusione pazzesca e quando noi andiamo in giro e veniamo giudicati”.
“Lei non ha le rotelle a posto? No, è una donna che io conoscevo, per salvarsi da una situazione inventa e accusa. Tra l’altro gli abusi sono riferite a due persone morte (dice riferendosi al fatto che Alessia Pifferi diceva di essere stata violentata prima da un amico del padre e poi dal padre ndr) tutte e due che non possono difendersi”.
Gianlugi Nuzzi ha quindi chiesto a Viviana se potrebbe mai incontrare la sorella: “In questo momento non ci penso neanche, potessi spegnerei tutto ciò che riguarda lei, io voglio che si renda conto di quello che ha fatto e che invece di trovare scuse le facciano iniziare un percorso e poi in primis deve chiedere scusa alla sua famiglia per quanto accaduto alla figlia a cui ha tolto la vita”.
ALESSIA PIFFERI, LE PAROLE DELL’AVVOCATO PONTENANI E DEL LEGALE DI VIVIANA
Quarto Grado ha parlato anche con Alessia Pontenani, avvocato di Alessia Pifferi, che ha spiegato: “Se avessero continuato a seguirla – questa non è una colpa, accade – probabilmente non sarebbe accaduto, se l’avessero mandata a fare psicoterapia… ma erano gli anni ’80 e non c’erano queste cose. Ho detto che forse può aver fregato anche a me? Alessia Pifferi non è in grado di fregare nessuno, è sempre stata una bambina insieme alla figlia, non è mai riuscita a gestire né la sua vita né quella della figlia”.
Infine le parole dell’avvocato Dimitri, legale di Viviana Pifferi, che dissente dalle parole della collega: “Ho il dovere di riportare cos’han detto i periti. Il problema è nato dalla documentazione medico scolastico del 1992, l’atto d’Appello si fonda su questi atti.
Per arrivare a definire questa disabilità ci hanno detto che quella documentazione non è inquadrabile in nessuna categoria medica, non è clinica ma riporta solo problematiche relazionali come le hanno tante bimbi e soprattutto ci hanno detto che quella documentazione e quello stato psichico di Alessia Pifferi non possono essere traslati a 30 anni di distanza, quella documentazione non può essere attualizzata fino al momento del reato, non si parla di alcuna patologia di natura cognitiva”.
Chiara quindi la posizione della famiglia della piccola Diana Pifferi, convinta al 100% che Alessia, quando ha lasciato la figlia da sola, sapeva esattamente il rischio che la piccola provava. Di contro l’avvocato della Pifferi sostiene invece una infermità mentale che anche se non grave, non le avrebbe fatto comprendere appieno quella situazione di totale gravità.
Sarà quindi interessante capire con quale verdetto si concluderà il processo d’Appello, se sarà quindi confermato l’ergastolo del primo grado o se la pena sarà ridotta a 30 anni di galera, come si auspica ovviamente la difesa.