Alzheimer, nuovo farmaco immunoterapico riduce placche amiloidi in 9 pazienti su 10, nuovo studio dimostra efficacia della cura con meno effetti collaterali
Nuova scoperta rivoluzionaria per il trattamento dell’Alzheimer con la terapia a base di anticorpi monoclonali, il farmaco trontinemab, sperimentato dalla casa farmaceutica Roche, ha dimostrato, come confermano i risultati dello studio di fase 1 e 2, di essere in grado di ridurre i sintomi di declino cognitivo più del 35% in meno in pazienti che presentano già segni avanzati della malattia.
La ricerca è stata presentata alla conferenza internazionale dell’Alzheimer’s Association tenutasi a Toronto, durante la quale sono stati illustrati gli effetti sorprendenti dell’immunoterapia nel combattere e ridurre la formazione di placche amiloidi, gli accumuli responsabili della demenza nelle persone affette da Alzheimer.
In 9 soggetti su 10 tra quelli trattati, è stata evidenziata la scomparsa dei marcatori entro 28 settimane, e la sperimentazione ancora in corso su 1600 persone, sta valutando anche miglioramenti sulla memoria e nelle funzioni cerebrali, oltre ad una minore incidenza degli effetti collaterali solitamente riscontrati nelle altre cure.
Come hanno spiegato alcuni esperti al quotidiano Telegraph, il medicinale è stato progettato per attraversare più facilmente la barriera emato-encefalica, il che significa che può garantire effetti potenti e precisi a basse dosi.

Alzheimer, immunoterapia con trontinemab potrebbe prevenire la malattia anche in pazienti che ancora non hanno sintomi
Alzheimer, il futuro del trattamento è rappresentato dall’immunoterapia e medicinali a base di anticorpi monoclonali. Il farmaco trontinemab, come ha dimostrato lo studio condotto sui pazienti con sintomi avanzati della malattia, ha dimostrato l’efficacia in breve tempo nella riduzione delle placche amilioidi che causano demenza e declino cognitivo.
Come hanno spiegato i medici che hanno condotto la ricerca, presto nella fase tre della sperimentazione tale cura potrebbe essere somministrata anche a pazienti a rischio che però non hanno ancora sviluppato segni della patologia.
La speranza infatti è quella di poter utilizzare il principio attivo anche come terapia preventiva prima ancora che compaiano i primi problemi legati alle funzioni cerebrali e alla perdita di memoria.
Altri farmaci simili erano già stati approvati dai sistemi sanitari nazionali europei ad aprile del 2025, come lecanemab e donanemab, entrambi somministrati tramite flebo per stimolare il sistema immunitario e contribuire ad attaccare le proteine amilioidi tossiche responsabili degli accumuli, ma a differenza del trontinemab presentano più elevati rischi di emorragie cerebrali e richiedono un monitoraggio costante.
