Amnesty, scoppia il caso del ritardo nella pubblicazione del rapporto su strage Hamas del 7 ottobre. Spuntano mail interne su timori per l'impatto...
AMNESTY, SOSPETTI SU INSABBIAMENTO RAPPORTO…
Dopo le rivelazioni di Israele sulla Global Sumud Flotilla, in particolare in merito ai presunti legami con Hamas, scoppia il caso di Amnesty International per il ritardo nella pubblicazione del rapporto sulla strage del 7 ottobre. Alle porte c’è il secondo anniversario, eppure l’organizzazione per i diritti umani prende tempo. A ricostruire la vicenda è Il Foglio, spiegando che un portavoce ha dichiarato che la pubblicazione del report è prevista «nelle prossime settimane».
Secondo alcune email rese note dalla Free Press di Bari Weiss, il rinvio sarebbe stato il risultato di opposizioni interne. In un messaggio datato 8 agosto, ad esempio, il responsabile della sezione indonesiana, Usman Hamid, segnalava la propria inquietudine riguardo a tempistica e possibili conseguenze della pubblicazione del documento.
Alla luce degli sviluppi a Gaza, un rappresentante di Amnesty aveva messo in guardia sul «concreto pericolo che il rapporto venga strumentalizzato per distogliere l’attenzione dalla tragedia in corso o persino per legittimare un genocidio».
Un’analoga preoccupazione era stata espressa dal direttore della sezione senegalese, Seydi Gassama, il quale invitava «il segretariato internazionale a rivedere la scelta del momento in cui rendere pubblico il documento, poiché Israele potrebbe usarlo come giustificazione per le proprie operazioni».
I TIMORI PER LE REAZIONI DELL’OPINIONE PUBBLICA
Nello stesso frangente, circolava anche una lettera interna, redatta da altri membri dello staff di Amnesty e indirizzata ai vertici dell’organizzazione, con la quale si contestava la condanna di Hamas. Secondo i firmatari, infatti, tale presa di posizione avrebbe offerto a Israele un argomento utile «per alimentare consenso attorno a un genocidio».
La segretaria generale di Amnesty, Agnès Callamard, ha risposto esprimendo comprensione: annunciava infatti incontri per la revisione dei «rischi» e per «cercare mitigazioni e risposte appropriate». Solo Sacha Deshmukh, dal Regno Unito, ha protestato contro il rinvio, ricordando che l’organizzazione «non dovrebbe mai sopprimere o ritardare la pubblicazione».
Non si tratta di un episodio isolato: a inizio anno Amnesty ha sospeso la sua sezione in Israele, dopo che alcuni membri avevano dissentito pubblicamente dall’accusa di genocidio. Un ex dipendente, rimasto anonimo, ha commentato l’accaduto a Il Foglio parlando di «pregiudizio» e sottolineando che non si possa dare spazio solo alla sofferenze di un gruppo specifico.