Scolpite di marmoreo grigiore, due solitudini si offrono al nostro sguardo in un plastico gioco di chiaroscuri che serve ad acuire la misteriosa tragicità della loro doppia lontananza: dall’io di sé stesse e dall’individualità l’una dell’altra.
Singolarità solitarie, dunque, queste che Picasso sceglie di rappresentare in un luogo di ritrovo – Due donne sedute al bar – quasi a esasperare l’emergenza drammatica dell’incomunicabilità che pare definirle dentro l’orizzonte cupo del loro disperato silenzio.
Proprio questo silenzio diventa così lo spazio doloroso di quella comunanza che spegne, in un muto e rassegnato abbandono, ogni possibilità di parola.
Pensieri, emozioni, memorie annegano nel respiro breve di un bicchiere ormai vuoto in fondo al quale nasce e poi subito muore il desiderio stesso di poter sperare.
Molta della forza comunicativa del dipinto si gioca nell’aver ritratto le due donne di spalle: anche questo atteggiamento, infatti, contribuisce a rafforzare il messaggio del quadro.
Il nudo squallore dello sfondo, accentuato da una lineare e geometrica precisione, costringe quasi le due sagome a uscire dallo spazio pittorico, che viene in qualche modo riproposto dalla presenza di due sgangherati sgabelli collocati proprio ai margini del dipinto: li utilizza, Picasso, unicamente allo scopo di evidenziare le morbide sinuosità dei corpi femminili che, mossi dall’acquosa compattezza delle fredde tonalità degli azzurri, dei marroni e dei grigi, possono così sbalzare, scultorei, nella loro plastica compostezza.
Nel 1902 – questa la datazione del dipinto – non si parlava ancora di società liquida, ma il genio dello Spagnolo ne aveva già intercettato i tratti e li aveva fissati sulla tela riuscendo così a svelare il destino amaro che attende quanti non riconoscono nell’essere in rapporto la forma strutturale della propria origine.