La Volkswagen può produrre le sue auto elettriche completamente in Cina: il comparto europeo rischia il suicidio? La UE deve reagire subito

La notizia può segnare la fine di un’epoca: la Volkswagen sarebbe pronta a produrre le sue auto elettriche completamente nelle fabbriche che ha in Cina. Un esempio pericoloso perché se venisse seguito anche dalle altre grandi aziende significherebbe la fine del comparto automobilistico europeo.

La concorrenza cinese, d’altra parte, dal punto di vista tecnologico, dei prezzi e del design è sempre più spietata, per batterla, spiega Pierluigi Bonora, giornalista de Il Giornale esperto del settore automobilistico, ci vuole ormai quasi un miracolo. Per realizzarlo è necessario che il 10 dicembre, nel prossimo incontro del tavolo strategico dell’automotive la UE scelga finalmente la strada della neutralità tecnologica.



Volkswagen è pronta a produrre le auto elettriche completamente in Cina: l’industria tedesca, con quella europea, si sta suicidando?

Vuole ridurre i costi del 50% e da questo punto di vista fa una scelta “logica”. Porta lavoro in Cina, dalle parti di Shanghai, perché là ci sono le materie prime per fare le batterie. Il problema è che, seguendo questo esempio, si rischia il depauperamento dell’industria automotive europea. Il rischio è che alcuni costruttori, con un’Europa così ridotta dalla follia del Green Deal, vadano in Cina per cercare di sopravvivere.



C’è già qualcuno in Europa che vuole percorrere la stessa strada?

Per il momento non ci sono segnali che lo fanno pensare, però è talmente forte la presenza cinese in questo momento in Europa da non escludere che in un futuro non tanto lontano non acquisiscano costruttori europei, impossessandosi dei grandi nomi della nostra industria. Lo stesso Carlos Tavares, ex ceo di Stellantis, nel suo ultimo libro e in un’intervista al Financial Times ha detto che proprio Stellantis potrebbe finire nelle mani di Leapmotor, suo attuale partner cinese. In Cina, tra l’altro, ci sono circa 120 costruttori, ma la previsione è che ne rimangano una ventina, forse anche meno. Volkswagen, comunque dice che le auto che verranno prodotte nelle fabbriche cinesi non saranno esportate nel mercato europeo, anche se il rischio che succeda alla fine rimane.



I produttori del Dragone immettono sul mercato in media sette modelli nuovi al mese. Oramai ci superano anche dal punto di vista tecnologico?

Ursula Von der Leyen, Presidente Commissione Europea presenta il Green Deal UE (ANSA-EPA 2023)

Penso a Chery, con i marchi Omoda e Jaecoo, quindi Lepas, Byd con Denza, poi arriveranno altri marchi ancora: l’Europa è terreno di conquista. L’harakiri europeo di cui spesso si è parlato si sta realizzando. Arrivano macchine con motore innovativo, super Hybrid capaci di fare 900 chilometri con benzina ed elettrico e che costano diverse migliaia di euro in meno rispetto a una pari grado europea. Alcune saranno anche “scopiazzate” da qualche modello ideato in Europa, ma a chi acquista un’auto interessa il prezzo, l’autonomia, la qualità. I cinesi ci stanno dando dimostrazione di grande efficienza.

In Cina, tuttavia, il mercato delle auto elettriche sta conoscendo una crisi. Come si spiega?

Quando lo Stato smette di dare incentivi aiutando i costruttori locali il mercato va in crisi anche da loro. In Cina l’elettrico è stato sostenuto con forza dal governo. Il settore cinese, però, ha uno sbocco europeo come ancora di salvezza. La sovrapproduzione in patria finisce qui da noi: siamo il loro mercato di sfogo.

Tutti guardano alla prossima riunione del tavolo strategico sull’automotive indetta dalla UE per il 10 dicembre. Al di là dei proclami cosa possiamo aspettarci?

È la prova del nove, l’ultima spiaggia. Spero che prevalga la consapevolezza che è necessario andare verso la neutralità tecnologica, sposando le esigenze del mercato. Lo hanno detto, un po’ in ritardo, anche l’ad di Stellantis Antonio Filosa e John Elkann in occasione della presentazione della nuova 500 Hybrid: basta con l’ideologia, bisogna guardare a quello che chiede il mercato. Purtroppo, il 10 dicembre non sarà una data definitiva, le decisioni vere e proprie arriveranno mesi dopo, però una scelta va fatta altrimenti la “cinesizzazione” sarà inesorabile.

Ma per concorrere con i cinesi sui prezzi avremo bisogno di un intervento pubblico?

Sarà fondamentale, ma non dovrà essere un intervento mordi e fuggi. Adesso ci sono 600 milioni per le macchine elettriche legati al PNRR, ma occorre un piano strutturale di svecchiamento del parco circolante italiano, che è obsoleto, in particolare al sud. Senza, naturalmente, imporre l’acquisto di una tecnologia o di un’altra: l’importante è che comincino a circolare vetture nuove che riducono anche le emissioni. Per giudicare il mercato, comunque, bisogna fare attenzione che vengano diffusi dati realistici. Si parla di crescita delle vendite delle auto elettriche e poi si scopre che in realtà si tratta di acquisti imposti alle concessionarie dalle case produttrici. Auto che rimangono sul piazzale in attesa della vendita vera e propria.

E se anche il 10 dicembre la Commissione UE non terrà fede alle attese?

Siamo in ritardo e per salvare il comparto ci vuole un miracolo, che può verificarsi solo se si accelerano i tempi del cambiamento di indirizzo. Se non sarà così stavolta potrà esserci una protesta di piazza a Bruxelles, come quella degli agricoltori. Una possibilità di cui hanno parlato, per esempio, Roberto Vavassori, presidente di Anfia, l’associazione nazionale della filiera automobilistica e Maria Rosa Baroni, presidente del Consorzio NGV, che rappresenta la filiera dei carburanti alternativi. La Commissione europea ha sbagliato approccio, dovrebbe chiedere scusa e togliere il disturbo. Devono passare la mano. E poi si rivada a votare.

(Paolo Rossetti)

 

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