Nel corso della puntata di ieri sera di Quarta Repubblica, in onda su Canale 5, è stata presentata una particolare inchiesta sui baby trans. A livello numerico, i casi di disforia di genere (ovvero il disturbo per cui non ci si riconosce nel proprio sesso biologico) dal 2018 al 2022 sono cresciuti di circa il 470%, secondo quanto racconta il programma Mediaset. Particolare, in questa situazione, è il fatto che spesso vengano utilizzati dei farmaci bloccanti della pubertà, autorizzati da Aifa, ma “off label”. Tuttavia, racconta l’inchiesta di Quarta Repubblica, i baby trans spesso si trovano ad affrontare le conseguenze di una scelta presa troppo presto, con ripercussioni che sono irreversibili.
Baby trans: l’AIFA e l’approvazione Off Label
Un’inchiesta, quella sui baby trans di Quarta Repubblica, che parte dall’approvazione da parte dell’AIFA, ovvero l’Agenzia Italiana del Farmaco che regola l’uso di farmaci e presidi medici sul territorio, dell’uso di triptorelina. Il farmaco è un regolatore ormonale, impiegato per bloccare o tardare la pubertà nei bambini tra i 10 e i 12 anni (il periodo dello sviluppo puberale) a cui viene diagnosticata la disforia di genere. I centri che trattano la disforia di genere in Italia sono 8, ma misteriosamente nessuno è disposto a parlare di numeri concreti.
Nella determina dell’AIFA datata 2018 che approva l’uso del bloccante ormonale per i baby trans si legge che la terapia consigliata prevede iniezioni intramuscolari ogni 28 giorni. “Nel primo mese di terapia è prevista una dose aggiuntiva a circa due settimane dalla prima”, si legge, “si suggerisce di proseguire il trattamento fino a circa 16 anni di età, in corrispondenza dell’inizio della terapia ormonale cross-gender”, ovvero la terapia vera e propria che conduce, poi, anche all’operazione chirurgica. Una determina, però, che parla di un’approvazione off label, ovvero contraria o esterna all’uso prestabilito del farmaco da parte dall’azienda che l’ha prodotto o dalla stessa AIFA. Una circostanza particolare, che scarica di fatto le responsabilità di eventuali errori sui baby trans che decidono scientemente di utilizzarlo, nonostante le possibili controindicazioni e conseguenze.
La testimonianza del trans pentito
Per parlare della questione dei baby trans la trasmissione ha presentato anche la testimonianza di un pentito. “Il percorso ormonale l’ho iniziato a 20 anni circa”, racconta rimanendo anonimo, “internet ha avuto un ruolo importante nel condizionamento, vedevo storie di transizioni di successo e di felicità e ho pensato che quella fosse la strada giusta”. Si rivolse ad un centro specializzato dopo per 6 mesi fece colloqui quasi tutti i giorni, “ma erano colloqui molto confermativi, non venivano analizzate veramente le cause, avevano l’idea che io fossi così da sempre e che dovevano aiutarmi”. “Non ho mai risolto il disagio di fondo”, racconta ancora il trans pentito, ma “dopo 3 anni di terapia ho fatto l’operazione. Poi ho attraversato dei mesi dolorosi ed è emerso questo pentimento dentro di me. Volevo tornare indietro“. Racconta anche che “chiunque ha un desiderio di cambiare sesso, anche minimo, viene spinto verso quella strada ma non esistono strade di ritorno efficaci”.