Quando il contesto finanziario diventa ostile e si scatena una crisi, in Europa si aprono problemi che altrove non esistono
Mancano quattro settimane alla fine dell’anno incluse le festività natalizie; agli investitori però non serve un “rally di Natale” per sistemare le performance o i rendimenti. Dall’inizio dell’anno il principale indice azionario americano segna un rialzo di poco più del 16%, praticamente in linea con il più importante indice azionario europeo. Chi ha investito sul mercato italiano e spagnolo è ancora più contento perché, a ieri, i loro indici azionari hanno messo a segno un rialzo del 27% e del 41%. È andata bene anche a chi ha investito su obbligazioni governative.
In questi undici mesi è successo molto. Sono stati annunciati i dazi americani, sono stati firmati accordi commerciali dopo settimane di caos, è continuata la guerra in Ucraina e si è assistito a quella a Gaza. Questo e altro non hanno impedito ai mercati di continuare a salire consentendo agli investitori una performance che, a oggi, è da incorniciare.
Quattro giorni fa è stato uno degli economisti di Bloomberg, Simon White, a spiegare parte dell’arcano; le condizioni monetarie globali sono ancora molto espansive. Le Banche centrali hanno smesso di alzare i tassi e cominciano a tagliarli, in alcuni casi, come quello americano, anche se l’inflazione è sopra al target. La liquidità è abbondante e questo per ora basta e avanza per disinnescare alcuni punti critici. Gli investitori, infatti, si interrogano da tempo sulla sostenibilità dei debiti pubblici e anche su quelli privati. Non c’è una soluzione all’orizzonte, ma il problema non è attuale fino a che le condizioni rimangono favorevoli.

Dal deficit americano in giù non mancano motivi di attenzione. Anche l’Europa ha le proprie criticità perché la Francia non sembra aver trovato una strada per sistemare i conti e perché il Vecchio continente è vittima di una crisi energetica, e non solo, che sta compromettendo la sua base industriale.
Dentro l’Europa le crisi finanziarie assumono sempre una dimensione particolare. L’Europa non è un progetto politico, finanziario o fiscale compiuto. Questo significa che quando il contesto finanziario diventa ostile in Europa si aprono problemi che altrove non esistono. In alcune fasi questi problemi sono stati riassunti con gli “spread” con cui emergono le tensioni tra Paesi membri. Oltre agli spread ci sono i dazi e le guerre commerciali che dentro l’Europa colpiscono i Paesi membri in modi molto diversi.
Esattamente come in Europa c’è una crisi energetica in un contesto internazionale che, almeno per quanto riguarda i prezzi, è favorevole lo stesso vale per i mercati. Le condizioni monetarie “molto espansive” hanno messo a tacere anche i problemi europei che sono quelli di tutti in aggiunta a quelli esclusivi dell’Unione. È in questo scenario che in Europa si sviluppa la moda dello “stato di guerra”; forse come piano d’emergenza se il contesto dovesse peggiorare.
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