Saman uccisa dal padre, la conferma: “L’ho fatto per il mio onore”
“L’ho uccisa io, l’ho uccisa per la mia dignità e per il mio onore”: così Shabbar Abbas, il padre di Saman, in una telefonata nel giugno 2021 ad un parente in Italia, mentre lui era già tornato in Pakistan con la moglie. La ragazza di 18 anni, scomparsa il 1 maggio 2021 a Novellara, nel Reggiano, si era opposta con fermezza alle nozze con un cugino in patria. Per questo, la famiglia, non ha avuto dubbi sul da farsi: ammazzare quella figlia ribelle, che sognava di vivere all’Occidentale, era “l’unica via possibile” per non perdere l’onore.
La notizia, purtroppo, non ha sorpreso quasi nessuno. Da sempre, infatti, le indagini sono state condotte per trovare il corpo della giovane ragazza e non per trovarla ancora in vita. Infatti fin da subito agli inquirenti è stato chiaro che i genitori, e i parenti vari immischiati nella storia, volessero farla sparire. La dottoressa Bruzzone, a Ore 14, ha affermato: “La Procura di Reggio Emilia era assolutamente certa della morte di Saman. Questa è la conferma definitiva ma purtroppo non vi erano dubbi su questo tipo di finale”.
Saman, la dottoressa Bruzzone: “Nessuna estradizione”
La conversazione tra il padre di Saman e il parente in Italia è ora agli atti del processo che inizierà a Reggio Emilia il 10 febbraio. Imputati tre familiari di Saman, arrestati in Francia e Spagna nei mesi scorsi: lo zio Danish Hasnain e i due cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq. Sul banco anche i genitori, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, che però sono entrambi ancora latitanti in Pakistan. Marta Cartabia, Ministro della Giustizia, ha chiesto da un anno l’estradizione ma tutto lascia pensare che non ci sarà.
Le speranze sono davvero ridotte al lumicino, come ha confermato la stessa Bruzzone a Ore 14: “L’estradizione è già stata negata. I parenti rimasti in Francia verranno processati in Italia ma quelli tornati in Pakistan no. Non li lasceranno mai andare dal Pakistan. Qui sono assassini, lì no. È legale. La condotta che loro hanno posto in essere non è sanzionata come ci piacerebbe credere. Oltre alla cavillosità di un’estradizione, dobbiamo considerare che c’è anche una certa benevolenza verso condotte che forse non dal punto di vista giuridico, ma culturale, sono protette”.