Da dove cominciare per descrivere la semifinale del Roland Garros tra Novak Djokovic e Rafael Nadal? Dal fatto che è durata 4 ore e 37 minuti, forse; che si è chiusa sul 9-7 al quinto set; che ci sono stati 13 break, 115 vincenti e 119 errori non forzati, si sono giocati 335 punti; che David Ferrer e Jo-Wilfried Tsonga si sono scaldati almeno quattro volte nell’attesa che questa battaglia finisse. Alla fine un vincitore doveva esserci, e allora iniziamo da qui: ha vinto Nadal, con un punteggio che già da solo racconta buona parte della storia. : questo lo score, ma solo chi abbia visto la partita sa cosa sia stata questa semifinale, quale grande occasione abbia avuto Djokovic per mettere fine alla striscia vincente di Nadal al Roland Garros (siamo a 27 partite, 58 vittorie su 59 nella storia del torneo) e volare in finale potendosi giocare l’unico Slam che ancora gli manca. Deve rinunciare ancora: semplicemente, lo spagnolo è stato più forte e soprattutto freddo nei momenti decisivi. Rafa è il classico giocatore che fa venir voglia all’avversario di appoggiare la racchetta per terra, andare dall’arbitro e dire: “Se vuoi, contro questo giocaci tu”. Perchè Nadal era a terra, battuto e schiantato dal serbo, sotto di un break nel quinto set e in calo di condizione fisica; mentre dall’altra parte della rete Nole cresceva e cresceva, trovava certezze e profondità dei colpi, metteva all’angolo l’avversario. E invece. E invece, ad andare in finale è Nadal, e adesso non vorremmo essere nei panni di Tsonga e Ferrer, che sanno bene di doversi scontrare contro il più forte giocatore della storia sulla terra battuta. La partita? Impossibile raccontare quello che è stato: nel primo set si va avanti con equilibrio finchè Nadal non trova il break vincente e chiude agevolmente. Il secondo set è identico, ma a parti invertite: Djokovic trova presto il break, riesce a tenerlo e si porta in parità. Nel terzo set Nadal sfrutta caldo e campo secco, sale 5-0 con Djokovic che praticamente non gioca più: visibilmente in affanno, il serbo addirittura deve rifugiarsi negli spogliatoi per riprendere fiato e affrontare il quarto set. Dove il match esplode: Nadal piazza il break sul 2-2 e sembra finita, ma qui Djokovic si riprende improvvisamente, favorito da due fattori esterni di non poco rilievo. Intanto, il sole cala, la temperatura scende e questo rende più leggibili le traiettorie di Nadal; in più, si alza uno strano vento che rende impossibile giocare i game alla sinistra del giudice di sedia. Quando Nadal capisce come domare la folata, si trova sotto 2-0 nel quinto set, avendo perso piuttosto nettamente il tie break del quarto. Djokovic cavalca il vantaggio:
Non arretra di un centimetro, anche se un paio di volte deve risorgere da 0-30. Intanto, si vedono colpi pazzeschi, proibiti ai più: rovesci incrociati da fondocampo, passanti in gancio di dritto (colpiti anche con il telaio), scambi pazzeschi con palline riprese dal centro stesso della terra. Finchè non si arriva sul 4-3 e servizio Djokovic. E’ il game che decide tutto, e lo sa bene anche il serbo: mai trascinarsi Nadal nel punteggio, non sulla terra rossa. Ricordate la racchetta appoggiata? A Djokovic viene tanta voglia di farlo: Rafa recupera, strappa il servizio al serbo quando un rovescio finisce in rete, il centrale già caldissimo esplode in un rombo udibile a chilometri di distanza e, mentre Toni Nadal e Maria Francisca Perello – come sempre con una compostezza vittoriana – stringono i pugni in sincrono con lo spagnolo, Jelena Ristic – capelli raccolti, cappellino d’ordinanza e occhiali da sole – si siede sconsolata, e il pugnetto sul cuore non se lo batte più. Inizia un’altra partita: Djokovic con i denti tiene i turni di servizio, nessuno dei due riesce a sfruttare possibilità sulla battuta dell’altro, ma c’è come l’impressione che Nadal abbia ricominciato a correre come nel primo set, mentre Nole ha lasciato qualcosa su quel rovescio. Il punteggio sale, ma questa volta è Djokovic che, come in una serie di calci di rigore a oltranza, non può più sbagliare. Ci sono un paio di momenti pazzeschi: il serbo sbaglia due smash facili facili, e sul terzo – incredibilmente – travolge la rete con la pallina che non ha ancora rimbalzato per la seconda volta. Punto Nadal, e palla break: il Philippe Chatrier mugugna, ma il regolamento è chiaro e si continua. Djokovic, tuttavia, non paga pegno: sembra che sia arrivato il suo giorno, e invece al 16esimo game del quinto set, dopo che sono già passate quattro ore e mezza, il numero uno al mondo rimane sotto shock da un colpo impossibile di Nadal. I successivi due tentativi del serbo finiscono lunghi: Nadal può esultare e, stremato, concedersi al microfono d’ordinanza. Risponde in discreto francese alla prima domanda, poi passa all’inglese, più sicuro. Mentre Djokovic è già uscito dal campo sotto una selva di applausi, l’intervistatore chiede a Rafa se preferisca incontrare Ferrer o Tsonga; al nome del francese il centrale esplode. Nadal sorride: “Sono due grandi giocatori”, dice, “godetevi la partita, io aspetto il vincitore in finale”. Già: se gioca così, chi lo batte?
(Claudio Franceschini)