Un gregario senza contratto, vittima di una marmotta, diventa campione italiano grazie al club brianzolo che dà una chance a ciclisti finiti fuori dal giro.

Tutti a piangere sulla nostra maglia tricolore, condannata alla invisibilità, perché ieri ai campionati italiani di Gorizia se l’è messa sulle spalle Filippo Conca, un ragazzotto di quasi due metri, mai una vittoria in cinque anni di professionismo.

Secondo tale vulgata, la maglia biancorossoverde apparirebbe destinata a rimanere fantasma perché la squadra di Filippo Conca, ciclista di Bellano, neocampione italiano, non ha licenza di serie A (World Tour) né di serie B (Professional) e neppure di serie C (Continental).



Gareggia per una squadretta amatoriale che dalle gran fondo e dalle gravel si è lanciata ora anche nella avventura élite, ma che appunto viene invitata solo nei circuiti minori, tipo il Giro della Provincia di Biella o a Rodi o all’Oberösterreich Rundfahrt.

Non potevano però rifiutare l’iscrizione al campionato italiano di una squadra italiana! E qui c’è stato il patatrac. Un bellissimo patatrac. Già vederli partire, quelli del Swatt club, è stato uno spettacolo. Nessuno sponsor sulla maglia. Sembravano degli indipendenti nelle corse degli anni Trenta-Quaranta.

In fondo sono dei naif perché a metterli insieme è stato un … maestro di sci, Carlo Beretta: questo visionario brianzolo si era inventato qualche anno fa un blog sportivo, diventato poi un club (ora supera il migliaio di iscritti) per running, triathlon e ciclismo, entrato anche nell’e-commerce dell’abbigliamento e che ha cominciato a ricevere richieste di ciclisti – anche con un passato non trascurabile -rimasti senza contratto e che bussavano alla porta del club per avere una seconda chance.

A Gorizia sono stati subito protagonisti, con due di loro (Carollo e Ginestra) in fuga dall’ottavo km e poi con altrettanti (Gaffuri e Conca) tra i cinque arrivati per primi al traguardo. A prima vista sembrerebbe una splendida favola, un altro ciclismo che si impone nel ciclismo. E tale vorremmo crederla. Qualcuno preferisce vederci invece il segno della decadenza del nostro ciclismo, da un decennio – ricordiamolo – senza una squadra nel World Tour.

Altri si chiedono: ma questi dilettanti ex professionisti ce l’hanno il passaporto biologico? Sentenziano che quello di ieri è stato il peggior campionato italiano della storia. Vorremmo poter gridare invece: viva Conca e la seria goliardia dello Swatt club! Il bellanese, di professione gregario, era finito contro una marmotta a Livigno.

Un infortunio che lo ha posto a un bivio: smettere o imbarcarsi nell’avventura del Club di Barzanò. Quella marmotta è stata la sua fortuna. Che succederà ora alla sua fiammante maglia tricolore? Ricordo che Filippo Simeoni, ostracizzato ed emarginato dal mondo del ciclismo per avere denunciato il dottor-doping Michele Ferrari, aveva vinto la maglia tricolore a 37 anni a Bergamo in quella che sarebbe dovuta essere la sua ultima gara.

Continuò un altro anno sperando nell’invito degli organizzatori del Giro d’Italia alla sua Ceramica Flaminia, ma alla RCS erano affaccendati a corteggiare Lance Armstrong, che pose il veto su Simeoni e al posto della squadra dell’italiano venne invitato un team galiziano, finito smembrato dallo scandalo doping. Simeoni riconsegnò per protesta la maglia tricolore alla Federazione e fu pure squalificato.

Magari qui finirà in altro modo, con i boss della nostra Federazione ciclistica che convincono qualche team blasonato a imbarcare Conca e la sua maglia tricolore, affinché abbia maggiore visibilità.

Ma sinceramente il sogno che romanticamente io faccio è un altro: se tutto risultasse trasparente, il tricolore resti su quella maglia senza sponsor e possa girare il mondo non solo in Grecia o in Norvegia ma invitato anche in gare importanti, affinché il ciclismo superprofessionalizzato da 730 milioni di budget possa avere davanti a sé un esempio di come si possa essere felici sulle due ruote anche in un altro modo.