La situazione nelle carceri minorili sta progressivamente degenerando: l'allarme delle associazioni e le possibili soluzioni ad un problema sistemico
Da tempo (ormai immemore, ma soprattutto negli ultimi anni con il progressivo aumento dei suicidi e delle rivolte) la condizione delle strutture penitenziarie italiane è spesso oggetto di dibattito pubblico e seppur sia – naturalmente – un aspetto positivo, ancor più spesso si tende ad ignorare la condizione delle carceri minorili che sempre più si stanno omologando alle controparti per adulti in una baratro di sovraffollamento, fatiscenza e mancanza di personale che diventa ancor più tragico se si pensa all’età dei reclusi: lo scopo – sia in quelle per adulti, ma ancor di più nelle carceri minorili – dovrebbe essere la rieducazione e il reinserimento sociale, ma si rischia di creare un sistema che condanna i giovani delinquenti a diventare un giorno detenuti adulti in una sorta di ‘cane che si morde la coda’.
A darci un’idea chiara di quello che sta accadendo nelle carceri minorili è l’esempio della struttura bolognese nella quale solo recentemente il Ministero ha approvato il trasferimento di 50 minorenni in una nuova ala del penitenziario per adulti della Dozza creando un sistema misto ed interrompendo quel rapporto tra reclusi ed operatori fondamentale per la rieducazione; senza dimenticare l’altro esempio della struttura trevigiana – e torniamo all’omologazione citata prima – nella quale il sovraffollamento è al 200% con 25 minori rispetto ai 12 previsti.
Come superare la crisi delle carceri minorili: la proposta dell’associazione Antigone
Ma al di là dei due esempi certamente indicativi delle condizioni delle carceri minorili, in buona parte delle altre strutture sul territorio italiano la situazione ci parla di una scarsa frequentazione delle classi scolastiche – là dove esistono, sono agibili e in buone condizioni, a differenza della struttura romana -, un altissimo turnover dei dipendenti deleterio per il già citato tema della riabilitazione, di condizioni igieniche e sanitarie ben lontane da quei “trattamenti umani” citati nell’articolo 27 della Costituzione e (per i giovani detenuti) un assenza di prospettive future che li tenga lontani dalla delinquenza.
Ovviamente – però – quando c’è un problema esiste sempre anche una soluzione o quanto meno una possibile strada da percorrere per invertire una rotta – quella intrapresa delle carceri minorili – che rischia di diventare drammatica: a tracciarla – tra gli altri – è l’associazione Antigone che punta innanzitutto i riflettori sulla necessità di investire nel futuro delle stretture e dei detenuti con un maggiore dialogo con la società civile (come per esempio con le tante associazioni che esistono in Italia), formazione, istruzione e – forse soprattutto – ristrutturazioni.
Al contempo, secondo l’associazione Antigone occorre formulare un pensiero a lungo (lunghissimo) termine per le carceri minorili andando oltre ai decreti periodici che hanno una durata – talvolta – limitata aprendo le strade alla collaborazione con il tessuto imprenditoriale per garantire un futuro lavorativo ai giovani riabilitati, ma anche alla cosiddette ‘misure alternative‘ meno lesive della libertà personale; così come per superare il problema del personale si può ragionare sulla figura degli agenti-educatori che assolvano ad una doppia funzione creando un rapporto di fiducia con i detenuti.
