Card. Pell: “400 giorni in carcere da innocente”/ “Qualcuno in Vaticano esultava…”

- Niccolò Magnani

La storia del Cardinal George Pell in carcere 404 giorni da perfetto innocente: “in Vaticano qualcuno ha esultato... Mai abbandonato dalla Provvidenza di Dio”

Pell Australia, Cardinal George Pell (LaPresse)

404 giorni in cella per poi essere riconosciuto, solo dopo anni di fango e inchieste sulla sua persona, del tutto innocente: è la storia del Cardinal George Pell, ex Prefetto della Segreteria per l’Economia della Santa Sede e finito in carcere più di 400 giorni prima che il 7 aprile 2020 l’Alta Corte d’Australia lo scagionasse definitivamente dall’accusa ignobile di pedofilia (ai danni di chierichetti nella Cattedrale di Melbourne nel 1996). «La vita in prigione è stata umiliante, frustrante e monotona, ma non mi sono mai sentito abbandonato», così spiega Pell nella lunga intervista a “Oggi” del collega Vincenzo Sansonetti, una sorta di “anticipo” del nuovo libro del prelato “Diario di prigionia”. Da uno dei Cardinali più importanti della Chiesa a reietto abbandonato da (quasi) tutti e già condannato dai media prima ancora dei tribunali: nell’Australia secolarizzata, «si collocano lo sconcerto e l’ostilità dell’opinione pubblica per i casi di pedofilia nelle istituzioni cattoliche e la risposta spesso inadeguata dei vescovi a tale scandalo».

Secondo Pell, il “terreno” fertile in cui si è inserita la reazione così giustizialista nei suoi confronti sorge dal conflitto culturale tra conservatori e laicisti radicali su temi «quali la vita, il matrimonio, la famiglia, la sessualità e il gender, laddove la Chiesa cattolica rappresenta il più importante oppositore del movimento di autonomia laicista sfociato nella Cancel culture, MeToo e Woke». I suoi accusatori, ex chierichetti dell’epoca a Melbourne, sono stati alla fine ritenuti inattendibili anche se Pell nutre qualche sospetto «Ho il sospetto che venisse imbeccato, non credo che avesse la capacità di inventare una storia tanto bizzarra: un’aggressione in una sacrestia affollata dopo la Messa domenicale in Cattedrale. Purtroppo la legislazione australiana non consente alla giuria di essere informata di eventuali problemi psishiatrici e dell’uso di stupefacenti da parte dell’accusatore».

IL TRAVAGLIO DEL CARDINAL PELL

Il Cardinal Pell all’epoca delle accuse stava preparando un’importanza riforma finanziaria in Vaticano per conto di Papa Francesco e nell’intervista ad “Oggi” non esclude che qualcuno in Santa Sede possa aver esultato di quelle accuse (divenute poi condanne): «molti dei miei collaboratori a Roma lo ritengono possibile. Dalla Segreteria di Stato fu inviata in Australia una somma di denaro a sette cifre, ma non si sa perché né dove sia finita. La questione non è chiara e potrebbe non esserlo mai». Per il Cardinale australiano i sospetti provengono anche per quel messaggio giunto ad un funzionario della Segreteria di Stato che affermava «Pell è in prigione, è fuori gioco; abbiamo la strada spianata». Il prelato racconta poi a Sansonetti il suo travaglio all’interno della cella australiana della Melbourne Assessment Prison è durato più di un anno, chiuso in una piccola cella di 4 metri per 2,5 «Non era poi così male; la cosa che mi ha sorpreso di più, è stata il rispetto delle guardie nei miei confronti e verso gli altri detenuti». È stato tenuto in isolamento per diversi mesi per timore di essere vittima di violenze da parte dei compagni carcerati: «avevo una Bibbia ma null’altro. Cena alle 15.30, ancor prima di una casa di riposo. Il cibo era troppo abbondante, porzioni esagerate. Non potevo celebrar Messa a causa del divieto di consumare alcolici (niente vino) ma suor Mary, cappellano del carcere, mi portava la Santa Comunione una volta alla settimana». Quello però che non è mai mancato al Cardinal Pell imprigionato da innocente è il segno costante e tangibile della Provvidenza di Dio: «Ho ricevuto un meraviglioso sostegno da parte della mia famiglia, dei miei amici e dei miei legali. Anche Papa Francesco e Papa Benedetto mi hanno sostenuto con vigore, così come l’arcivescovo di Sidney monsignor Anthony Colin Fisher e l’arcivescovo di Melbourne monsignor Peter Andrew Comensoli». La preghiera non è mai venuta meno tanto che Pell ricorda quanto già nel carcere ripeteva ai più giovani, «se non pregavano nemmeno quando si trovavano in difficoltà, allora la loro fede era proprio debole».





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